di fabio sebastiani
“Questa vicenda dei vigili urbani è stata rappresentata con una voluta distorsione; ovvero tralasciando il fatto che l’adesione al servizio per la sera dell’ultimo dell’anno è su base volontaria”. Roberto Betti, coordinatore di Usb al Comune di Roma, spiega in questa intervista come le polemiche sui “troppi certificati medici” dei pizzardoni sono in realtà strumentali.
Il Governo sta soffiando sul fuoco, e non a caso, dopo la vicenda dei vigili urbani di Roma Capitale. Che idea vi siete fatta voi di Usb?
Questa vicenda dei vigili urbani è stata usata strumentalmente per cercare di dare un aiutino al governo sul fronte della riforma della pubblica amministrazione e, per quanto riguarda il Comune di Roma, portarsi avanti con il lavoro sulla revisone del contratto integrativo. Anche nel dettaglio quello che è accaduto è stato malamente analizzato sia dall’amministrazione comunale che dalla stampa. Il servizio di capodanno è effettuato su base volontaria. E quindi è chiaro che da parte dei vigili urbani c’è stato un rifiuto. Lo scontro vero è su un terreno politico più elevato.
A cosa ti riferisci?
Come abbiamo visto anche dai giornali i vigili urbani che non hanno inteso aderire volontariamente al servizio sono stati trattati alla stregua dei delinquenti. E subito il Governo si è messo dalla parte di chi vuole punire. Vorrei dire però che la licenziabilità dei dipendenti pubblici è un dato di fatto non da ora con il Jobs act. Chiaramente non è mai arrivato agli onori della cronaca il fatto della cassa integrazione dei dipendenti pubblici, come al comune di Novara, dove sono stati dichiarati degli esuberi. A Taranto e Reggio Calabria, poi, i dipendenti non sono stati retribuiti per molti mesi. Sostanzialmente sta accadendo che lo Stato centrale nel riassorbimento dei poteri di spesa impoverisce gli enti locali e quindi i servizi.
Evidentemente gli strumenti che tu dici sulla licenziabilità attuale sono insufficienti rispetto ai bisogni dello “Stato centrale”…
La licenziabilità nel pubblico impiego come la vuole Renzi rimarrà fuori del Jobs act ma rispunterà nella riforma della pubblica amministrazione. E quindi a febbraio diventerà applicabile.
Intanto, proprio due gironi fa il vicesindaco di Roma, Nieri, ha annunciato che parte la riforma del salario accessorio. Qual è la vostra posizione?
Nelle amministrazioni locali esistono tre tipologie professionali: il settore scolastico educativo, i vigili urbani e poi gli amministrativi che al loro interno registrano molte diversità. Quello che sta prevedendo l’amminsitrazione è di commisurare l’importo del salario accessorio a due elementi fondamentali, la massima flessibilizzazione dell’orario, stravolgendo completamente i tempi di vita, e la valutazione discrezionale. Sul primo elemento, in qualche misura gli strumenti per la flessibilità già ci sono. Diverso è però il discorso della completa dipendenza dal dirigente di turno, che ti può dire in qualsiasi momento di allungare l’orario di lavoro. L’altro elemento, la valutazione sul rendimento, è sempre in mano ai dirigenti. Attenzione qui non si tratta di criteri stabiliti in anticipo ma al momento.
Come state affrontando questa vertenza?
Stiamo cercando di provare a proporre qualcosa di diverso che parta dalle esigenze dei cittadini. Ci vogliono far credere che per i cittadini il massimo di aspirazione è tirar fuori un certificato alle sette di sera. Non ci sembra questo il centro del problema al momento. Ovviamente, non c’è, invece, nessun ragionamento sulla quantità e qualità dei servizi da offrire ai cittadini.
Tutto impostato sulle compatibilità di bilancio?
Non è esattamente così. Dal punto di vista proprio delle risorse l’amministrazione sta proponendo di dare più soldi alle categorie più alte impoverendo quelle più basse. Faccio il caso del settore degli asili nido dove alle categorie più elevate arriverebbero undicimila euro in più. Ma non c’è un miglioramento del servizio. Soldi in meno però alle altre quattromila che fanno il lavoro più ordinario e più faticoso. Se è vero che ci sono stati tutti questi soldi confiscati a Buzzi e agli altri dell’inchiesta Mafia Capitale, andiamo a recuperare quei soldi e migliorare i servizi pubblici. C’è una filiera molto lunga di aziende e corporazioni che intervengono su questo.
Nel settore educativo di Roma Capitale c’è molta precarietà, o no?
In scuole dell’ìinfanzia e asili nido c’è un grande tasso di precarietà. Non c’è alcuna possibilità di essere assunti, nemmeno con il concorso pubblico che ha graduatorie molto lunghe da smaltire. Si rischia di estromettere completamente dal mondo del lavoro soprattutto donne che riescono a mala pena a sopravvivere mettendo in campo una grande flessibilità.
Cosa avete in agenda?
Il sette di gennaio ci sarà una assemblea che dapprima convocata sui temi strettamente sindacali prenderà una connotazione più ampia. Ci sarà una apertura alla cittadinanza e alle forze politiche che vogliono intervenire.
In tutto questo è difficile capire cosa voglia fare la Cgil…
Con grande sforzo abbiamo anche cercato di costruire una relazione perché l’attacco era generale, registrando però una grande indisponibilità, che poi si è tradotta in qualcosa di più concreto. Volevamo arrivare una proposta di parte sindacale per mettere sul piatto qualcosa di definito ma nessuno ha inteso raccogliere. E siamo così andati con una nostra proposta a luglio di quest’anno. Sì, Cgil Cisl e Uil mi sembrano molto confusi. Sono state sempre legate a filo diretto con questa o quella parte politica e quindi la loro confusione penso derivi un po’ da questo. Si tratta di parti poiltiche sotto i riflettori, per sempio con Mafia Capitale. Noi stiamo cercando di tracciare una strada forse complicata ma che propone anche cose concrete. Crediamo che ci siano le condizioni anche di sostenibilità economica, ma l’amministrazione come può ci esclude dal tavolo.
3/01/15