Si torna in aula lunedì 12, per le udienze conclusive del processo. La parola ai pm Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino
di Donatella Francesconi
VIAREGGIO. È il giorno dell’accusa. Lunedì 12 la strage di Viareggio torna in aula e le parole da ascoltare saranno quelle dei sostituti Procuratori Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino, impegnati da anni, ormai, sulle carte e sulle prove a carico degli imputati in un processo – è doveroso non dimenticarlo mai – da trentadue morti. Una storia che inizia il 29 giugno 2009 ed nell’aula del dibattimento, al Polo fieristico di Lucca, arriva il 13 novembre 2013. Che significa sette anni di attesa e tre di processo. Ad avviare il percorso di giustizia – va ricordato non solo per dovere di cronaca – nel 2009 c’era il Procuratore capo Aldo Cicala. A vederne la fine è, oggi, il suo sostituto Pietro Suchan, insediatosi da qualche giorno. Al fianco della Procura di Lucca, il consulente ingegnere Paolo Toni, che non ha mollato un secondo, la squadra Polfer che visto al lavoro, fino ad oggi, l’ispettore superiore Angelo Laurino (Compartimento della Lombardia) e ha avuto tra le proprie fila il vicequestore aggiunto Lorena La Spina, i funzionari Asl Alfredo Zallocco e Riccardo Landozzi e tutti i consulenti che hanno fornito ai due pm ogni elemento utile a supportare l’accusa e formulare i capi di imputazione. Che sono disastro ferroviario colposo, incendio colposo, omicidio e lesioni colpose plurime, oltre a numerose violazioni delle nome in materia di sicurezza sul lavo. Tra gli imputati i vertici di Ferrovie, all’epoca, con gli amministratori delegati Mauro Moretti (Gruppo Fs), Michele Elia (Rfi), Vincenzo Soprano (Trenitalia). Ma anche dipendenti e vertici di Gatx, dell’Officina Jungenthal, e della officina italiana Cima riparazioni (Mantova).
SPECIALE MULTIMEDIALE: LA STRAGE DI VIAREGGIO
Alla vigilia del giorno della requisitoria della Procura, vale la pena di ricordare le parole del pm Giuseppe Amodeo (che per mesi ha retto la Procura da facente funzione) in occasione di una delle udienze dell’incidente probatorio, nel novembre 2011: «Ci siamo dovuti sentir dire anche che le prove fatte con l’elaborazione Cad sono meno attendibili di un esame a occhio… Presidente, esame ad occhio! Qui stiamo parlando delle morte di 32 persone!».
Impossibile dimenticarlo, non solo per la presenza costante dei familiari delle vittime che hanno scelto di costituirsi parte civile, ma soprattutto per quelle trentadue sedie lasciate vuote sulle quali vengono stese altrettante magliette con i volti di chi non c’è più, ormai da sette anni.
Per tre giorni – il 12, 14 e 15 settembre – il Collegio giudicante, composto dal presidente Gerardo Boragine con i colleghi Nidia Genovese e Valeria Marino – ascolterà le ragioni della Procura, che sono le ragioni dello Stato. In un processo che vede sedere sui banchi degli imputati un altro pezzo di Stato, le Ferrovie. E sarà come tornare a quella notte. Il treno carico di Gpl che deraglia, la cisterna che si rovescia e si squarcia, il fuoco, le ustioni, i corpi carbonizzati, il lavoro immane dei vigili del fuoco arrivati da tutta Italia, le bare sul prato verde dello stadio di Pini, il calvario di sei mesi di decessi dopo sofferenze indicibili. E poi i lutti e la forza di chiedere, 365 dopo 365 giorni, verità e giustizia per quello che è accaduto. Come fanno i familiari riuniti nell’associazione “Il mondo che vorrei”. E come fa Viareggio, anno dopo anno sempre vicina a loro e a chi non c’è più.
In uno scenario che oggi vede un primo grado sul filo della prescrizione per i reati di incendio colposo e lesioni colpose ed un secondo grado che inizierà con questi reati usciti di scena. Come a dire che nessuno si è fatto male e tantomeno è bruciato qualcosa. Impossibile non gridare no.
12 settembre 2016