di Gianni Barbacetto
E no, caro Luca Zaia. Vuoi l’autonomia del Veneto, ma poi protesti contro Sappada che se ne va in Friuli. Fai il Puigdemont quando si tratta di lanciare (inutili?) referendum per l’Autonomia – con la A maiuscola – che comunque, referendum sì o referendum no, va poi negoziata a Roma con il governo. Ma diventi Rajoy per bastonare l’autonomia – con la a minuscola, ma vera e conquistata – di Sappada.
“Se devo esprimere la mia posizione personale, dico che Sappada è in Veneto e deve restare in Veneto”, ha reagito il presidente della Regione, sostenendo che l’addio al Veneto della cittadina al confine con il Friuli è “secessione municipale”. Ed è stato “interessato o, peggio ancora, strumentale”: perché invece non è interessata e strumentale la richiesta di tenersi in Veneto le tasse pagate dai veneti? “E dopo Sappada ci sarà un’altra Sappada”, ha minacciato Zaia, adombrando una terribile, sciagurata, disgraziata, spaventosa, pericolosissima reazione a catena di autonomie che a un autonomista, a un leghista, non dovrebbe affatto dispiacere.
Questa vicenda nasce nel marzo del 2008, quando i cittadini di Sappada votano a maggioranza sì in un referendum per chiedere che il loro Comune passi dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia. Dopo un iter durato nove anni, ora la Camera dei deputati ha dato il via libera definitivo al passaggio della cittadina dalla Regione Veneto al Friuli-Venezia Giulia, con 257 voti a favore, 20 contrari, 74 astenuti.
Sappada è un bellissimo paese di montagna geograficamente e culturalmente friulano, come capisce chiunque salga fin lassù da Comeglians, da Rigolato, da Frassenetto, arrivando fino a Cima Sappada (che era Friuli) per poi passare a Sappada (che invece era Veneto). Certo, i cittadini di Sappada hanno fatto anche qualche conto, concludendo che per loro era più conveniente passare in una regione a statuto speciale in cui è più facile ottenere incentivi per il turismo e per le attività produttive.
La presidente del Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha fatto un po’ di campagna acquisti, ma ci sta. “Sappada non entra nella nostra regione come una bandierina sulla carta geografica, ma accolta come il ritorno di una gente rimasta a lungo staccata dal suo ceppo”, ha dichiarato. Poi ha esagerato, dicendo che aver conquistato Sappada è “una delle gratificazioni profonde di questa mia legislatura”: deve averne avute poche.
È comunque il primo caso di un Comune che passa da una Regione a statuto ordinario a una autonoma. Il deputato friulano di Democrazia Solidale, Gian Luigi Gigli, l’ha salutata così: “Mandi Sapade! Benrivât tal Friûl”. E al benvenuto in friulano ha aggiunto quello in tedesco e in italiano: “Hallo Plodn! Zurück in Friaul. Ciao Sappada! Bentornata al Friuli, la Patrie dal Friûl da cui sei stata ingiustamente separata nel 1852. Sono passati 165 anni, ma la storia ritrova oggi le sue ragioni più profonde”.
In realtà hanno pesato più gli interessi economici delle ragioni ideali? Forse sì, ma non si tratta di piccole beghe di campanile. Non sono gli interessi economici, anzi addirittura fiscali, che hanno sostenuto il referendum del 23 ottobre voluto da Zaia e Maroni in Veneto e in Lombardia? Dunque, caro Zaia, mettiti il cuore in pace. Non c’è soltanto la tua “Autonomia” centralista regionale, ci sono anche le “autonomie” di Comuni che vogliono essere liberi di scegliere il loro destino.