“Il governo di Tel Aviv come il Sud Africa degli anni dell’apartheid”: l’ex Pink Floyd spiega la sua durissima posizione e invita i colleghi a fare lo stesso
In tour lo scorso anno, Foto via Facebook.com/rogerwaters
Di Jon Blistein
Il leggendario Roger Waters torna a fare attivismo politico con un appello ai colleghi musicisti a voler boicottare Israele con un meccanismo simile a quello messo in atto durante gli anni dell’apartheid in Sud Africa. L’ex bassista dei Pink Floyd accusa il governo israeliano di utilizzare politiche analoghe a quelle sudafricane nell’occupazione della West Bank e dei territori di Gaza. Le dichiarazioni di Waters sono comparse in un’intervista con un sito dal nome The Electronic Intifada”.
Waters si era già espresso a favore di una campagna che comprendesse boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni (la cosiddetta “BDS”) contro Israele dopo aver visitato la zona della West Bank nel 2006: allora aveva scritto con lo spray “We don’t need no thought control” da Another Brick in the Wall (Part 2) sul tristemente famoso muro costruito dagli israeliani.
Hanno perso ogni controllo. Mi sembra che andare lì e mettersi a suonare il violino per loro non avrebbe questi grandi effetti di sensibilizzazione.
Waters in questo momento è un giurato presso il Russell Tribunal palestinese, il quale cerca di attirare l’attenzione su come governi e aziende occidentali aiutino Israele a commetter quelle che sono percepite come violazioni della legge internazionale. Il cantante ha in programma la pubblicazione di una lettera aperta indirizzata ad altri musicisti perché anche loro diventino parte attiva della strategia di BDS.
Waters spiega il suo coinvolgimento con il Russell Tribunal:
Nell’intervista ad Electronic Intifada, il musicista ricorda anche un episodio dello scorso dicembre che lo ha spinto a cercare il contatto con Stevie Wonder. Il pianista e cantante era previsto fra gli ospiti musicali di una serata di gala organizzata dalle forze armate israeliane. Waters gli ha scritto:
Gli dissi che fare una cosa così sarebbe stato come suonare a un ballo della polizia il giorno dopo il massacro di Sharpeville nel 1960. Non sarebbe stata una bella cosa, specie perché lui sarebbe un ambasciatore delle Nazioni Unite. Non sono stato solo io a cercarlo: anche Desmond Tutu gli ha scritto una lettera dello stesso tono.
“Gli va riconosciuto”, continua Waters, “Subito dopo Stevie chiamò gli organizzatori dicendo “Non mi è chiaro cosa stiate facendo”, dopo di che ha cancellato la sua esibizione lì”. Nell’intervista Waters passa anche a criticare la mancanza di copertura mediatica dedicata a questo fatto, e discute il proprio discorso alle Nazioni Unite della settimana scorsa.
21 marzo 2013