di Carlo D’Adamo
Cosa avevano in comune Rimini, Pisa, Roma, il lago di Lemano e i fiordi del mar Baltico? Il fatto di essere porti fluviali o lacustri, e, in molti casi, di derivare il loro nome dal miceneo ri-me-ne, che significa “porto”. La loro mappa, che sembra seguire le vie dell’ambra e dei metalli dell’età del Bronzo, testimonia l’ampiezza e la capillarità del cosiddetto “sistema miceneo”, nel quale la nostra penisola, con i suoi popoli, gioca un ruolo molto importante.
Cosa hanno in comune l’Orcia, il Sàvena, lo Zena, il Rubicone, il Procchio, il Marzeno? Il fatto di essere al tempo stesso nomi di fiumi e nomi di tazze, vasi e recipienti anche di grande capacità. L’ampia distribuzione di idronimi di questo tipo in tutta la penisola va fatta risalire alla straordinaria importanza dell’industria ceramica che caratterizza l’economia neolitica. La curiosa serie di idronimi con queste caratteristiche va infatti messa in relazione con la straordinaria diffusione delle pratiche di acculturazione agricola e la conseguente progressiva sedentarietà, con la costruzione di villaggi e la necessaria diffusione dei manufatti in terracotta per conservare il raccolto, cuocere la polenta, immagazzinare l’acqua…
Quale significato avevano, in questa serie, gli idronimi con base marza-, che ritroviamo anche nel toponimo Marzabotte, attestato dall’abate Calindri nel Settecento?
I diversi articoli raccolti nel libretto sconfinano a volte nel terreno dell’antropologia culturale, soprattutto quando l’indagine si sofferma sulle caratteristiche del culto dei defunti e delle divinità della nascita e della morte, come le divinità delle acque, dei fiumi, dei porti, dei passaggi, dei guadi, dei valichi… Culti, superstizioni, riti e strutture mentali attraversano tutto il Mediterraneo insieme alle merci, alle tecniche e ai mots voyageurs, e rendono bene l’idea di una koiné che ha disseminato la penisola di numerose tracce linguistiche. Da questo punto di vista le traduzioni dalle antiche lingue dei nostri progenitori risultano più efficaci quando si adotta una prospettiva orizzontale, basata sui prestiti, sulla diffusione dei culti, sulle traslitterazioni, che ha anche il vantaggio di rivelare la dimensione internazionale delle società antiche.
Emerge dagli articoli dell’antologia un Mediterraneo che può essere definito il melting pot dell’antichità, con la continuità incredibile delle sue contaminazioni, dal Neolitico al Bronzo all’età di Augusto.