DANILO TOSARELLI – MILANO
Lavoro quotidianamente a contatto con il pubblico.
La gente si lamenta continuamente. Esprime tanta frustrazione.
Succede in ogni luogo di aggregazione, con gli amici, in famiglia.
Tutti sono scontenti, tutti sono insoddisfatti e veder sorridere è merce rara.
Prevale un senso di amarezza, un senso di impotenza, che incide poi sulla qualità della vita.
Questo clima sociale si trascina da tempo, ben prima del lockdown.
Perchè? Ho provato a rifletterci.
Una volta il paziente si affidava con fiducia al proprio medico di famiglia.
Si dava per scontato che questi avrebbe dato il meglio di sè per curarti.
Anche quando si entrava in ospedale ci si affidava a quei medici serenamente.
Vi era consapevolezza di essere trattato come persona sofferente e non come un numero.
Tutti la pensavano così? Probabilmente no.
Ma la maggioranza rispettava quelle professionalità e concedeva la buonafede.
Anche quando si partecipava a concorsi o selezioni di vario tipo, l’approccio era diverso.
Il raccomandato è sempre esistito e sempre esisterà.
Idem una commissione che può azzeccare o sbagliare il giudizio.
Dopodichè, gli scartati raramente avevano la presunzione di essere più bravi dei prescelti.
Raramente, si riteneva di aver subito un’ingiustizia che premiava l’asino a scapito tuo.
Ancora tanta buona fede, certamente una maggior fiducia negli altri.
Oggi, chi perde un concorso non accetta serenamente il giudizio della commissione.
Chi perde una causa se la prende con il proprio avvocato difensore, giudicato incapace.
i genitori dei ragazzi bocciati a scuola, mettono sotto accusa i loro docenti.
E ancora, ancora, ancora, a conferma di una micro confittualità inarrestabile.
E le cancellerie dei tribunali si riempiono di denunce e scartoffie banali e spesso inutili.
Prevale l’insofferenza a discapito della tolleranza.
Oggi siamo arrivati al punto, che può infastidire persino il salire in ascensore con il proprio vicino.
Prevale il conflitto a discapito della mediazione.
Se scatta il verde semaforico, pigiate subito sull’accelleratore, se non volete rischiare il linciaggio…
Prevale in ognuno, l’arroganza e la presunzione di voler sempre avere ragione.
Sono sempre gli altri che sbagliano, tu hai sempre un alibi che giustifica i tuoi errori.
Si sta riducendo sempre più quel legame sociale che è essenziale.
Assistiamo ad un decadimento del valore della solidarietà che non è sostituibile.
Senza solidarietà e rispetto reciproco, diventa sempre più difficile articolare la vita sociale.
Se a ciò aggiungiamo le campagne d’odio che qualcuno fomenta, il gioco è fatto.
Oggi prevale un senso di diffidenza che non risparmia nessun ganglo della nostra vita.
Tu sei sempre il danneggiato. Gli altri sono sempre la causa dei tuoi problemi.
Tutto ciò ha un nome. Si chiama disgregazione sociale.
Un cancro per qualunque organizzazione sociale.
Un pericolo costante per la stessa democrazia.
Sottovalutare gli effetti di questo fenomeno dilagante è davvero da irresponsabili.
Credo di poter dire, che i social hanno grandi e gravi responsabilità.
Non è vero che hanno contribuito ad una informazione più libera.
Purtroppo sono invasi dalle fake news, che hanno pari dignità delle notizie autentiche.
Tutto ciò crea smarrimento e devianze culturali nel lettore. Qualcuno ci crede davvero.
Quel lettore, poi se ne fa portatore, contribuendo a diffondere mala informazione.
Bugie, illusioni, nefandezze che avvelenano il clima sociale con gravi conseguenze.
Un altro pessimo esempio arriva dalla politica, che dovrebbe avere un ruolo guida.
Sempre più proiettata verso un edonismo sfrenato.
Vi dice nulla il nome del leader che compare nel simbolo di partito? Non era così…
Da quanto tempo non vi leggete il programma politico di un partito, prima di votarlo?
Una volta e basta tornare indietro alla prima repubblica, tutto ciò era una bestemmia.
Oggi l’essere eletto può rappresentare l’affare della tua vita.
E per non mollare i privilegi di quella poltrona, sei disposto a tutto.
A cambiare partito e persino schieramento.
Alla faccia di quello spirito di servizio che dovrebbe caratterizzare l’impegno in politica.
Alla faccia di quella coerenza che stride di fronte alle necessità di un ego privo di vincoli.
Ho sempre creduto fortemente al valore dell’esempio.
Le nuove generazioni hanno poco di buono da imparare, se ciò che dico trova conferma.
I nostri anziani hanno sempre sostenuto che “il buon esempio deve venire dall’alto”.
Quante ragioni hanno sempre avuto. Le cose buone sono sempre nate da lì.
La nostra è una società dove si privilegia l’esclusione rispetto all’inclusione.
Più facile mandarti via, che fare lo sforzo di integrarti, per fare delle cose insieme.
E’ una grande questione, che da sempre qualifica il grado di civiltà di un Paese.
Purtroppo, il nostro è un Paese che privilegia l’io rispetto al noi.
La semina culturale e politica va in tal senso.
Uno spiccato individualismo, che nella quotidianità risulta nocivo anche in chi lo sostiene.
Tutti orgogliosi e tronfi nel vantarsi, ma poi quando stai male…. hai bisogno degli altri.
E lo pretendi…. Peccato che tu magari sia uno di quelli che gira la faccia dall’altra parte.
Purtroppo molti di noi cadono in questi egoismi, ma non è mai troppo tardi per migliorare…
Difficile comprendere che il “dividi et impera” ci ha reso più poveri?
Ecco il dramma vero. Pur vivendo in grandi agglomerati, ognuno di noi si sente più solo.
E se riesco a renderti solo, vincerà il più forte, che sceglierà di toglierti piano piano ogni diritto.
Ero partito dalla sensazione di malessere sociale che ognuno di noi prova.
Innegabile e personalmente faticosa da trascinarsi ogni giorno.
Eppure tutto ciò non porta ad un conflitto aperto, che si diffonde, che raccoglie consensi.
Potrebbe essere uno stimolo forte per desiderare qualcosa di diverso.
Un riassetto del legame sociale su basi nuove, stabilendo nuovi equilibri.
Avrebbe un senso recuperare quella “lotta di classe” che da noi sembra ormai una reliquia?
Il vecchio comunista che vi è in me, sa già che risposta dare.
Dopodichè il discorso si fa lungo… troppo lungo.
Da dove ripartire?
Nel frattempo le cose non stanno ferme e vorrei ne fossimo consapevoli.
Aumenta sempre più la difficoltà del legame sociale e senza novità di rilievo, si peggiorerà.
Non può essere che si rimanga spettatori silenziosi di questo vero e proprio declino.
E’ questa la civiltà di cui andare fieri?
Avanti di questo passo resteranno solo macerie…
Foto di Nick Fewings