Si riporta la premessa della relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto MOBY PRINCE (in fondo in modo completo, in formato pdf) che catturerà sicuramente il dovuto interesse su quanto accaduto.
MOWA
Premessa
Nella memoria collettiva, la vicenda del disastro del traghetto Moby Prince evoca la nebbia e la morte in pochi minuti di 140 passeggeri e membri dell’equipaggio, uccisi dal fuoco e dal fumo, traditi dalla distrazione, forse anche per una partita di calcio. Questa rappresentazione e`frutto degli esiti di venti anni di procedimenti amministrativi e giudiziari e di una ricostruzione degli eventi nell’immediato, che e` stata proposta come la spiegazione pubblica e mediatica dell’accaduto.
In ossequio al mandato ricevuto dal Senato della Repubblica, l’intendimento della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro del traghetto Moby Prince e` stato, in questi due anni di lavoro, quello di dissolvere i dubbi che per piu` di un quarto di secolo hanno avvolto la vicenda del disastro del Moby Prince, facendo luce su quelle parti della tragedia che stridevano con fatti non considerati o con elementi segnalati o acquisiti successivamente.
Due anni di lavoro sono serviti alla Commissione per fissare alcuni punti fermi che in tanto tempo erano rimasti in secondo piano. La Commissione e` consapevole di non aver chiarito tutti i punti oscuri di questa vicenda, ma puo` affermare con sicurezza di aver raggiunto una ricostruzione decisamente piu` completa di quanto avvenuto la notte tra il 10 e l’11 aprile 1991 davanti al porto di Livorno, con alcune novita` chiare e precise, che sono rappresentate in questa relazione e che vengono anticipate gia` in queste note introduttive.
Sulla base delle tante audizioni, delle analisi effettuate dai collaboratori della Commissione, dei rilievi meteo pervenuti, si esclude che la nebbia sia stata la causa della tragedia. Non c’e` stato, prima del disastro, un fenomeno atmosferico di totale, immediata e generale riduzione della visibilita` in rada, tale da provocare l’accecamento del comando del traghetto e dei suoi apparati radar durante la navigazione. Su questo la Commissione, tutta unanime, sente di esprimersi con assoluta consapevolezza e piena assertivita`, confermando giudizi gia` ampiamente motivati nelle relazioni intermedie.
La seconda conclusione che si vuole rappresentare e` che il comando della petroliera non pose in essere condotte pienamente doverose. Anche in questo caso la Commissione ha gia` espresso giudizi decisi nelle relazioni intermedie. Perche´ non si diedero via radio notizie precise sull’imbarcazione investitrice? Nave, bettolina 1 o altro? La Commissione ha appurato che la sagoma della nave investitrice risultava inconfondibile dal ponte della petroliera e fu percepita con precisione, in quei tragici minuti, almeno da alcuni importanti protagonisti di questa vicenda: le sue dimensioni, i finestroni, tutti aspetti di un natante di grandi dimensioni e non di una bettolina. La pericolosita` del carico trasportato dalla petroliera e la gravita` oggettiva dell’incendio giustificarono comunicazioni radio che non diedero notizie precise del secondo natante, sebbene se ne avesse contezza?
Perche´ non venne rappresentato ai soccorritori un quadro preciso e si attirarono i soccorsi solo sulla propria nave? Su questi aspetti, come detto, la Commissione si e` gia` pronunciata nelle relazioni precedenti e ora si conferma nel giudizio di una gestione non doverosa di quella fase della tragedia da parte del comando della petroliera, tanto piu` che, a seguito di approfondimenti, si e` accertato che il traghetto rimase per alcuni minuti incagliato nell’Agip Abruzzo. C’era quindi il tempo per valutare la situazione e dare le corrette comunicazioni ai soccorritori.
Il terzo elemento che si evidenzia e` che dalla Capitaneria di porto di Livorno non partirono ordini precisi per chiarire l’entita` e la dinamica dell’evento e per ricercare la seconda imbarcazione, quasi non si sapesse cosa fare. Si anticipa subito un dato che si ritiene fondamentale per fondare il giudizio appena formulato: nel corso dell’audizione del pilota di porto Raffaele Savarese 2, la Commissione ha appreso che presso la stazione piloti del porto di Livorno c’era un radar, dispositivo allora non disponibile nella sala operativa della Capitaneria. Di quel radar sapevano in Capitaneria?
Era un’apparecchiatura utile per monitorare l’area della tragedia o serviva solo per il servizio piloti e risultava inutile per i soccorsi? Dalle audizioni dell’ufficiale della Capitaneria di Livorno Lorenzo Checcacci 3, in servizio quella notte, e` emerso che in Capitaneria non sapessero dell’esistenza di quel radar alla stazione piloti: cosa a dir poco singolare che un ufficiale dell’autorita` preposta al soccorso in mare non possa smentire l’esistenza di un radar presso il porto o non possa ridimensionarne l’efficacia.
Che conoscenza si aveva da parte delle pubbliche autorita` e, in particolare, da parte della Capitaneria dei dispositivi tecnologici allora presenti in porto?
E ancora: in quale misura fu coinvolta la stazione di IPL Livorno Radio di Poste italiane? Poteva dare riscontri ai soccorritori o il suo ambito di operativita` era altro? E soprattutto: quale fu l’interlocuzione fra la Capitaneria di porto e la torre di avvistamento dell’avvisatore marittimo quella notte? Si tratta di una torre che si staglia alta sul mare con una visuale veramente eccezionale, priva di ogni ostacolo.
Queste domande lasciano comunque un segno indelebile nella valutazione della Commissione, un segno che si rimarca da subito e che si ribadira` con i dovuti approfondimenti e le giuste motivazioni nel corso di tutta la relazione: ci fu impreparazione e inadeguatezza nei soccorsi. Una missiva del 30 aprile 1991 del comandante generale del Corpo delle capitanerie, ammiraglio Giuseppe Francese, informo` il Ministro della marina mercantile, Ferdinando Facchiano, sull’assenza di un coordinamento nei soccorsi fino alle ore 5 del mattino dell’11 aprile. L’incidente avvenne poco prima delle 22.30 del 10 aprile. In questa comunicazione, dopo aver elencato i mezzi a disposizione e le operazioni compiute quella notte, l’ammiraglio Francese pose coraggiosamente dei punti fermi pesantissimi nella vicenda dei soccorsi: e` mancata completamente la collaborazione delle altre navi alla fonda in rada o in transito nella zona, ne´ si e` pensato di chiederla direttamente 4; durante gran parte delle operazioni di soccorso gli interventi sono progrediti per l’iniziativa dei comandanti delle varie unita` navali fra notizie frammentarie fornite dall’avvisatore marittimo e dalle unita` stesse agli altri soccorritori; un coordinamento efficace si e` realizzato non prima delle 5 del mattino dell’11. Nel corso della comunicazione, l’ammiraglio Francese diede conto dell’estrema specificita` di quella tragedia, parlo` di un «leggero ritardo» nel soccorso al traghetto, motivato con la pericolosita` della petroliera in fiamme, sottolineo` che esito differente non ci sarebbe stato se i soccorsi fossero stati indirizzati principalmente sul traghetto. Ma il giudizio sui soccorsi, dato in quei punti fermi, fa risaltare ancor piu` vivamente impreparazione, improvvisazione e iniziativa lasciata ai singoli operatori in mare.
Si sapeva cosa fare di fronte a un evento di quelle dimensioni? Vi era una procedura da seguire puntualmente? Vi era un addestramento adeguato di tutti i soggetti interessati e soprattutto degli ufficiali della Capitaneria di porto? Fu seguito un piano preciso o si lascio` la cosa all’iniziativa dei diversi soggetti operanti in porto, pubblici e privati? La dotazione tecnica di mezzi e di uomini da dedicare al soccorso era quantitativamente e qualitativamente sufficiente data la rilevanza del porto e della rada? Si rammentano, a tale proposito, il volume del traffico commerciale, i servizi di linea con le isole, l’importanza della base militare di Camp Darby, la presenza in rada di navi militarizzate coinvolte nella guerra del Golfo del 1991: tutti elementi che ribadiscono la delicatezza, anche dal punto di vista strategico, di quello specchio di mare davanti a Livorno e che gia` all’epoca esigevano presidi e cultura della sicurezza adeguati.
Il quarto elemento che si anticipa in queste note introduttive e` che ci sono punti non congruenti sulle attivita` della petroliera e sul tragitto compiuto prima di arrivare a Livorno. Veniva da un porto egiziano, come sostenuto ufficialmente e riportato da alcuni in Commissione? Aveva fatto scalo in Sicilia, come riportato alla Commissione da altri? O proveniva da altro porto ancora, come risulta dalla documentazione che la Commissione ha acquisito presso i Lloyd’s? Gli approfondimenti presso le autorita` e le amministrazioni competenti in Italia non hanno dato riscontro alcuno, ma i dati ufficiali provenienti da Londra parlano chiaro e narrano fatti che andavano chiariti nell’immediatezza degli eventi.
Parte importante dell’inchiesta, infine, e` stata dedicata alla vicenda assicurativa e agli accordi transattivi e ci si e` chiesti se la rapidita` con cui si e` giunti ad accordi fra compagnie e armatori non abbia contribuito, da subito, ad abbassare il livello dell’attenzione sulla piu` grave tragedia della marineria italiana nel dopoguerra.
Si tratta di una vicenda complessa che ha cambiato il destino di molte famiglie, ma anche la storia di altri protagonisti: poteva essere la fine di una compagnia marittima, la Navarma, come successe a Itavia dopo il disastro di Ustica 5. Fu probabilmente l’occasione determinante per la sua ripartenza.
Anche per ENI, il principale colosso pubblico dell’industria chimica del Paese, a distanza di qualche anno dal disastro, si verifico` un altro cambiamento importante: la societa` armatrice della petroliera Agip Abruzzo, abbandono` definitivamente il proprio ramo navale. Ci fu qualche influenza in questa scelta con la vicenda del disastro della Moby Prince?
Cambiamenti arrivarono anche per lo stesso sistema delle Capitanerie di porto che, dopo la vicenda Moby Prince, fu riorganizzato e rafforzato in termini di mezzi e di uomini.
La Commissione ha raccolto interi volumi di documentazione e svolto moltissime audizioni di cui si dara` conto nel corso di questa relazione, ma i punti fermi prima citati sono i capisaldi di questa inchiesta parlamentare che mette a nudo la possibilita` di dare risposte differenti e piu` vicine alla realta` di quanto non sia stato fatto finora.
Non e` tutta la verita`, come si e` anticipato, ma di sicuro e` una verita` piu` ricca di quella che sino a questo momento e` stata proposta e discussa.
Naturalmente, ragioni di oggettivita` ci impongono di dire che oggi lo stato delle conoscenze tecniche consente valutazioni piu` approfondite di quelle elaborate allora. Le dotazioni tecnologiche di sicurezza oggi presenti nei porti erano impensabili allora e oggi quello che e` accaduto allora non potrebbe piu` ripetersi. Cio` non riduce pero` l’insoddisfazione per gli esiti conoscitivi di allora, ne´ l’importanza dei risultati conseguiti ora e tanto meno la determinazione e la forza dei giudizi che sono stati anticipati in queste pagine e che saranno abbondantemente motivati nei paragrafi successivi.