Oggi, nella giornata del 25 aprile in Italia – giorno della Liberazione dal nazi-fascismo e dalla cultura reazionaria che disprezza la vita umana – suonano come un grave monito le parole di Karl Marx nella Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico, su quanto succede in alcune aree geografiche se non chiediamo l’interruzione immediata della spirale oppressiva che ci porta ad essere schiavi di un vizio ideologico:
Il fondamento della critica alla religione é: è l’uomo che fa la religione, e non è la religione che fa l’uomo. Infatti, la religione è la coscienza di sè e il sentimento di sè dell’uomo che non ha ancora conquistato o ha già di nuovo perduto se stesso. Ma l’uomo non è un’entità astratta posta fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in forma popolare, il suo punto d’onore spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il suo solenne completamento, il suo universale fondamento di consolazione e di giustificazione. Essa è la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede una realtà vera. La lotta contro la religione è dunque, mediatamente, la lotta contro quel mondo, del quale la religione è l’aroma spirituale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, è l’anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigere la felicità reale. L’esigenza di abbandonare le illusioni sulla sua condizione è l’esigenza di abbandonare una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione, dunque, è, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola. La critica ha strappato dalla catena i fiori immaginari, non perché l’uomo porti la catena spoglia e sconfortante, ma affinché egli getti via la catena e colga i fiori vivi. La critica della religione disinganna l’uomo affinché egli pensi, operi, dia forma alla sua realtà come un uomo disincantato e giunto alla ragione, affinché egli si muova intorno a se stesso e, perciò, intorno al suo sole reale. La religione è soltanto il sole illusorio che si muove intorno all’uomo, fino a che questi non si muove intorno a se stesso. E’ dunque compito della storia, una volta scomparso l’al di la della verità, quello di ristabilire la verità dell’al di qua. E innanzi tutto è compito della filosofia, la quale sta al servizio della storia, una volta smascherata la figura sacra dell’autoestraneazione umana, smascherare l’autoestraneazione nelle sue figure profane. La critica del cielo si trasforma così nella critica della terra, la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica. La critica della religione approda alla teoria che l’uomo è per l’uomo l’essere supremo.
Persone che con l’alibi delle religioni occupano territori altrui e impongono le proprie leggi.
Persone religiose che non si fanno scrupoli a fare delle barbare guerre, in nome e per conto, di un dio che lascerebbe uccidere milioni di esseri umani.
Persone che si definiscono democratiche e impongono, poi, di far giurare sulla Bibbia la propria fedeltà alla Costituzione, invece, di mantenere quel dovuto distacco laico che confà ad uno Stato che rispetta equanimamente le diverse opinioni dei propri cittadini.
Un dio illusorio (per dirla con Marx) che arriva a far dire atrocità come quelle di questo cinico esponente sionista, Bezelel Smotrich, deputato del partito nazionalista religioso “Casa Ebraica”, invece di essere un benevolo e generoso altruista. Ecco alcune delle motivazioni del perché sarà la cultura comunista la vera liberazione degli esseri umani dalle varie catene… anche ideologiche.
MOWA
Palestina. Parlamentare israeliano: “Avrebbero dovuto sparare a Tamimi al ginocchio”
Secondo Bezelel Smotrich (Casa Ebraica) così, infatti, l’adolescente palestinese – in carcere per aver schiaffeggiato due soldati israeliani a dicembre – “sarebbe stata condannata agli arresti domiciliari per tutta la vita”. A Gaza, intanto, muoiono altri due palestinesi
Roma, 24 aprile, 2018, Nena News – “A quella ragazza (Ahed Tamimi), avrebbero dovuto sparare almeno al ginocchio, in quel modo sarebbe stata condannata agli arresti domiciliari per tutta la vita”. Così su Twitter domenica ha scritto Bezelel Smotrich, deputato del partito nazionalista religioso “Casa Ebraica” parte della maggioranza di governo.
Passano i mesi e la 17enne palestinese di Nabi Saleh, arrestata a dicembre e sotto processo per aver preso a pugni, davanti alla sua casa, due soldati israeliani, continua a essere bersaglio di ministri e deputati israeliani che chiedono per lei una punizione “esemplare”. Punizione già decisa: a marzo Ahed Tamimi e sua madre Nariman (detenuta anche lei per aver postato in rete il filmato che mostra la figlia mentre affronta i due militari) hanno accettato un patteggiamento a otto mesi di reclusione con la corte militare israeliana di Ofer per sottrarsi a una possibile condanna di anni di carcere.
A Smotrich ha risposto con durezza la parlamentare israeliana di sinistra Michal Rozin (Meretz): “Anche ai giovani delle colline della Samaria che lanciano le pietre ai soldati dell’Idf [esercito israeliano, ndr] si dovrebbe sparare? Oh, dimentico: la legge è differente per i nemici” ha scritto su Tweet facendo riferimento ai coloni israeliani in Cisgiordania sempre difesi dal governo Netanyahu. “Non accetto le tue scuse e spiegazioni – ha poi aggiunto – sei un delinquente e un istigatore”. Duro è stato il commento anche dell’avvocato e attivista dei diritti umani Arsen Ostrovsky che ha definito Smotrich “un ripugnante imbecille”.
Ieri, intanto, in un documento di 350 pagine consigliato dall’inviato Onu palestinese Ibrahim Khraishi alla commissione discriminazione delle Nazioni Uniti, i palestinesi hanno accusato Tel Aviv di discriminazione nei loro confronti e di violare il diritto alla libertà, religione e accesso alle risorse. “E’ chiaro che le azioni d’Israele sono parte di un regime oppressivo che è istituzionalizzato e sistematico che accorda un trattamento disuguale e separato ai palestinesi” si legge nel documento. Sempre ieri, inoltre, attivisti dei diritti umani palestinesi hanno chiesto alla Corte suprema israeliana di vietare la presenza di cecchini e l’uso di pallottole vere durante le proteste settimanali al confine tra Israele e Gaza.
Proprio dalla Striscia, ieri, è intanto salito a 40 il bilancio di palestinesi uccisi dall’esercito israeliano durante le manifestazioni della «Grande Marcia del Ritorno». Deceduti altri due feriti, Mohammed Shomali, 20 anni, e Tahri Wahba, 18 anni.
Nena News