Ci saremmo aspettati che il Partito della Rifondazione Comunista fosse maturato un pochino rispetto alle vecchie e sciatte decisioni politiche antimarxiste degli anni passati a gestione Bertinotti e Ferrero ma, ahimè! (e con grande rammarico), dobbiamo, purtroppo, ricrederci. Così non è stato! Anzi, si peggiora di ora in ora…
Infatti, abbiamo letto con ‘stupore‘ quanto assunto dal siffato partito e riportato sul loro sito ufficiale (vedi sotto) nell’aver assunto decisioni sulla Catalogna molto simili ai reazionari dello spessore di Renner e di O. Bauer sulla cosiddetta “autonomia nazionale culturale”. Una visione reazionaria che vedeva i comunisti dei primi anni del ‘900 costretti a formularne la diveristà con i loro scritti e come puntualizzò Lenin in La rivoluzione socialista e il diritto delle nazioni all’autodecisione paragrafo su Il significato del diritto di autodecisione e i suoi rapporti con la federazione del 1916, in cui affermava:
Il diritto delle nazioni all’autodecisione non significa altro che il diritto all’indipendenza in senso politico, alla libera separazione politica dalla nazione dominante. Concretamente questa rivendicazione della democrazia politica significa la piena libertà di agitazione per la separazione e la soluzione di questa questione con un referendum della nazione che si separa.
Questa rivendicazione non equivale quindi per nulla alla rivendicazione della separazione, del frazionamento, della formazione di piccoli Stati. Essa è soltanto l’espressione conseguente della lotta contro qualsiasi oppressione nazionale. Quanto più la struttura democratica di uno Stato è vicina alla piena libertà di separazione, tanto più rare e più deboli saranno in pratica le tendenze alla separazione poiché i vantaggi dei grandi Stati sono incontestabili, sia dal punto di vista del progresso economico come da quello degli interessi della masse, e, inoltre, questi vantaggi crescono sempre più con lo sviluppo del capitalismo.
Il riconoscimento del diritto di autodecisione non equivale al riconoscimento della federazione come principio. Si può essere avversari decisi di questo principio e fautori del centralismo democratico, ma preferire la federazione alla disuguaglianza di diritti delle nazioni, quale unica via verso il centralismo democratico. E’ precisamente da questo punto di vista che Marx, essendo centralista, preferiva perfino la federazione fra l’Irlanda e l’Inghilterra alla sottomissione forzata dell’Irlanda agli inglesi.
Il fine del socialismo consiste non soltanto nell’abolizione del frazionamento dell’umanità in piccoli Stati e di ogni isolamento delle nazioni, non soltanto nell’avvicinamento delle nazioni, ma anche nella loro fusione. Ed è precisamente per raggiungere questo scopo che noi dobbiamo, da una parte, spiegare alle masse lo spirito reazionario delle idee di Renner e di O. Bauer sulla cosiddetta “autonomia nazionale culturale” e, dall’altra, esigere la liberazione delle nazioni oppresse non attraverso declamazioni senza contenuto, attraverso frasi vaghe e generiche, né nella forma di “aggiornamento” della questione sino all’avvento del socialismo, ma sulla base di un programma politico formulato con chiarezza e precisione, un programma che tenga conto in modo particolare dell’ipocrisia e della viltà dei socialisti delle nazioni che ne opprimono altre.
Come l’umanità non può giungere all’abolizione delle classi se non attraverso un periodo transitorio di dittatura della classe oppressa, così non può giungere all’inevitabile fusione delle nazioni se non attraverso un periodo transitorio di completa liberazione di tutte le nazioni oppresse, cioè di libertà di separazione.
Avevamo, anche, scritto sul problema dell’autodecisione (in specifico a quello catalano) con le cattive manipolazioni borghesi provenienti da diverse fonti politiche e le dovute divergenze tra Lenin e le interpretazioni filosofeggianti di Rosa Luxemburg, in Sul diritto delle nazioni all’autodecisione (1914).
Si constata, però, nel caso dei dirigenti del PRC, che la visione culturale pan-socialdemocratica sulle popolazioni iberiche (ma, a questo punto, pensiamo su tutti) non vuole mutare l’equilibrio in favore della classe e rimanere, invece, ancorata agli attuali sfavorevoli rapporti di forza.
Una domanda, però, la dobbiamo fare al quadro dirigente del PRC.
Come giustificano quelli del PRC il ruolo intrapreso dal capitalista George Soros rispetto all’ingerenza autonomista dove sta facendo man bassa di case, appartamenti e terreni in Catalogna?
Un analista finanziario sostiene che Soros punterebbe sui default dei vari Paesi, scommettendo cifre colossali sui crac delle nazioni e che, viene segnalato per i suoi “ottimi rapporti con l’ex ministro greco Varoufakis, oltreché per i suoi interventi massicci in Ucraina per fomentare il caos e ultimamente nel cuore dell’Europa, in Macedonia”.
I compagni e le compagne del PRC dovrebbero porsi, anche la domanda sul perché la figura di Carlos Puigdemont si sia diretta a Bruxelles sede importante della NATO.
Non possiamo permetterci di attendere che i dirigenti di Acerbo maturino un po’ perché sarebbe deleterio per gli oppressi… Chiediamo, però, ai militanti del PRC di leggersi almeno i classici del marxismo per comprendere meglio dove vivono e non farsi manipolare da parole d’ordine equivoche.
MOWA
A fianco del popolo catalano, per l’autodeterminazione e la democrazia ! Solidarietà al compagno Nuet!
L’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola da parte del governo Rajoy prevede la decadenza del governo catalano e il controllo del Parlamento di Barcellona, cioè la sospensione del legittimo governo della Catalogna. Un colpo di mano arbitrario che rivela la volontà del Governo spagnolo di soffocare con ogni mezzo le rivendicazioni di autonomia e autogoverno del popolo catalano. Il ricorso all’art. 155 è un atto irresponsabile e di rottura di quella stessa legalità costituzionale che vorrebbe ripristinare.
La repressione politica, amministrativa e giudiziaria con cui si affronta la questione catalana evidenzia una tendenza generale del governo spagnolo a risolvere i problemi politici sul piano della repressione. Se trionfasse questa linea la Spagna diventerebbe un paese meno democratico e meno libero. Il ruolo che la monarchia ha avuto in questa operazione è stato al limite delle proprie prerogative costituzionali, collocandosi come figura cardine nella costruzione del blocco reazionario che appoggia l’applicazione dell’art.155 (Partido Popular, Partido Socialista e Ciudadanos) e nella sollecitazione del nazionalismo più reazionario.
Negli anni passati i governi di destra della Spagna e della Catalogna sono andati d’amore e d’accordo nella attuazione di politiche d’austerità, chiudendo servizi pubblici e limitando i diritti sociali, continuando le pratiche clientelari e corrotte di gestione della cosa pubblica. D’amore e d’accordo hanno prodotto disoccupazione, precarietà, devastazione ambientale. Come risposta il conflitto sociale e la mobilitazione popolare sono cresciuti in maniera significativa.
Per il popolo catalano e spagnolo il tema reale sarebbe risolvere i problemi quotidiani della vita causati dalle politiche neoliberiste. Non li risolve né Rajoy, né la dichiarazione unilaterale di indipendenza della Catalogna.
Esprimiamo il nostro sostegno alle compagne e ai compagni di Izquierda Unida, Unidos Podemos, Catalunya En Comu e delle altre formazioni della sinistra che si sono schierate contro l’applicazione dell’art. 155, nella prospettiva di un nuovo patto costituzionale per una Spagna plurinazionale, repubblicana e federale rifiutando sia la dichiarazione unilaterale di indipendenza, che la logica repressiva di Rajoy.
Solo la sinistra radicale in questo momento sta portando avanti una proposta all’insegna del dialogo e della democrazia mobilitandosi in Catalogna come in tutta la Spagna.
Esprimiamo la nostra solidarietà al nostro compagno Joan Josep Nuet, segretario dei comunisti catalani e coordinatore di Esquerra Unida i Alternativa (EUiA), denunciato per ribellione, sedizione, malversazione per il suo lavoro di parlamentare.
L’UE ha riconosciuto in passato dichiarazioni di indipendenza che non avevano alla base né il rispetto delle regole dei Paesi da cui ci si separava, né il diritto internazionale. Oggi dovrebbe impegnarsi per favorire il dialogo e la soluzione politica alla crisi catalana.
No alle misure repressive previste dall’art.155 !
No all’attacco alle libertà civili e alle istituzioni catalane !
Sviluppiamo la solidarietà al popolo catalano e alla sinistra spagnola !
PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA-SINISTRA EUROPEA
1 nov 2017