di: PAOLO SPIGA
Prosegue a ritmo serrato, negli Stati Uniti, il non troppo singolar depistaggio sul giallo Charlie Kirk, il trentunenne attivista conservatore ammazzato seguendo lo stesso copione del fallito attentato a Donald Trump.
Da un lato, infatti, continua la fanfara pro Charlie, il martire che ha dato la sua vita per la Patria a stelle e strisce e indicato ai giovani il cammino da percorrere per fare sempre più Grande l’America.
Dall’altro, si sono quasi perse tracce e notizie sul presunto killer, quello che saltava da un tetto all’altro, cecchino impeccabile da 190 metri nonostante i problemi mentali di cui soffriva. Di tutta evidenza una messinscena (anche malriuscita) dei Servizi a stelle e strisce.
Ma, soprattutto, non viene battuta alcuna pista per accertare il vero, autentico movente dell’assassinio eccellente. Pista molto pericolosa per i vertici Usa: perché porta direttamente al grande alleato di sempre, Israele, le cui voce, a quanto pare, oggi detta legge alla Casa Bianca, come abbiamo dettagliato in un paio di precedenti articoli.
Per saperne qualcosa di quella pista – visto l’assordante silenzio dei media a stelle e strisce – non resta che documentarsi attraverso i reportage pubblicati da uno dei migliori siti di contro-informazione, ‘The GreyZone’, che dettaglia per filo e per segno gli ultimi mesi di vita dell’attivista: ben diversi da quelli rifilati dal mainstream. Ed in rotta di collisione, Kirk, con il governo israeliano, protagonista del genocidio nella Striscia di Gaza.
Nell’ultima inchiesta, in particolare, vengono documentate tutte le frizioni con l’entourage del boia di Tel Aviv, Bibi Netanyahu, e il progressivo abbandono di tutti quei miliardari-donatori che avevano negli ultimi anni permesso l’irresistibile ascesa del rampante Charlie. Che improvvisamente, per loro, da cavallo di razza diviene un brocco su cui non puntare più.
Partiamo proprio dall’addio dell’ultimo sponsor eccellente, il magnate della tecnologia made in Usa Robert Shillman, “un grande finanziatore di cause sioniste di estrema destra e anti musulmane oltreoceano”. Negli ultimi anni “i suoi milioni di dollari hanno trasformato Kirk in una delle risorse più efficaci pro Israele” e per propalare il Verbo di Bibi e della sua gang che ha poi significato l’eccidio del popolo palestinese.
Ma quando la linea di Kirk ha cominciato a cambiare rotta – viene spiegato con chiarezza nel reportage – aprendo alle critiche verso la politica di Tel Aviv e ospitando autorevoli pareri di esponenti conservatori in qualche modo ‘illuminati’ (e polemici nei confronti dell’esecutivo Netanyahu), ecco che Shillman storce il naso: lui che “con questa penna e questo libretto di assegni fornisco munizioni a Tel Aviv”, come proclamò in occasione del Galà 2021 dell’Organizzazione Sionista d’America.
Anche colpevole, Kirk, di voler ospitare con assiduità, negli incontri promossi dalla sua ‘TPUSA’, la più grossa organizzazione dei conservatori per i giovani americani, uno degli anchorman più in vista negli Usa, per anni la stella di ‘Fox News’, ossia Tucker Carlson, negli ultimi mesi schieratosi apertamente contro la linea Netanyahu a Gaza. Apriti cielo.
Torniamo al voltafaccia del miliardario Shillman nei confronti di Kirk.
Secondo alcuni testimoni sentiti da ‘The GreyZone’, è stato annunciato nel corso di un meeting organizzato il 6 settembre a Los Angeles dall’‘American Freedom Alliance’, altra sigla messa in campo da mister Shillman.
Un partecipante all’incontro, ad esempio, racconta che Shillman ha dichiarato che avrebbe interrotto le sue donazioni a favore di TPUSA per dirottarle “verso gruppi filo Likud e anti Islam come l’AFA”.
Twitta il 13 settembre Mike Cernovich, attivista conservatore e alleato di lunga data di Kirk: “Charlie stava per perdere il suo ultimo grande donatore perché si era rifiutato di escludere Tucker Carlson dai suoi eventi. Ci sono molte persone che ora versano lacrime di coccodrillo. I miliardari devono essere smascherati per gli idioti che sono”.
Parole di fuoco vengono postate il 2 luglio da Laura Loomer, fanatica anti Palestina ed ex punta di diamante a ‘Rebel Media’, pupilla di Shillman: “Charlie parla con entrambe le parti della bocca… i suoi messaggi sono confusi e alcuni di noi vogliono sapere dove si colloca”. Una vera escalation di toni nei giorni seguenti: lo definisce “un opportunista politico”, poi “un cialtrone”, quindi “uno che ha pugnalato Trump alle spalle”. Ma non erano grandi amici, i due, e non ha versato lacrime (di coccodrillo?) e tessuto sperticati encomi a suo favore il ‘Tycoon’ nel giorno del funerale?
L’accusa di ‘tradimento’ rivolta da Loomer a Kirk, in particolare, riguardava l’aver ospitato ad un vertice TPUSA Dave Smith, un podcaster e comico antisionista.
La minuziosa ricostruzione dei tasselli nel puzzle Kirk passa quindi ai raggi x alcune chiamate via Zoom intercorse tra Kirk e non meglio precisati “agenti sionisti” che intendevano farlo recedere dalle sue ultime posizioni anti Netanyahu.
“Le chiamate – mette nero su bianco ‘The GreyZone’ – illustrano la crescente pressione a cui l’attivista conservatore veniva sottoposto nelle settimane precedenti la sua morte”.
Il miliardario ultra sionista ai vertici di ‘Sequoia Capital’, Shaun Maguire, rimprovera la podcaster ed ex responsabile delle comunicazioni di TPUSA, Candace Owens, per le sue affermazioni secondo cui un altro grosso businessman, Bill Ackman, avrebbe sottoposto Kirk a “pressioni indesiderate” a causa delle sue “mutevoli opinioni su Israele”.
Appena 24 ore prima, lo contatta via Zoom addirittura il redattore capo del famoso settimanale ‘Newsweek’, Joshua Hammer, potente lobbysta israeliano nei media a stelle e strisce.
Eccoci ad un’altra figura chiave, quella del rabbino di ultradestra Pesach Wolichi, il quale organizza tour di propaganda per illustrare ai giovani americani quanto sia buona e giusta la politica (genocida) del governo di Tel Aviv. Lo fa attraverso la sua ‘Israel365 Action’ e, a quanto pare, stava preparando il tour previsto per Kirk ad ottobre. In un’intervista rilasciata all’emittente israeliana ‘ILTV’ il 17 settembre, il rabbino sostiene di essere stato “in contatto quasi quotidiano con Charlie per alcuni mesi”, anche allo scopo di smussare “i suoi ultimi disaccordi con la politica israeliana”. Wolichi, inoltre, si è lamentato del fatto che “c’erano molte persone intorno a Kirk nel movimento America First che stavano lavorando attivamente per convincerlo a rivoltarsi contro i vertici di Tel Aviv”.
Così si conclude il reportage: “Il 17 settembre Benjamin Netanyahu ha pubblicato un video sull’account sociale del Primo Ministro israeliano negando fermamente di aver avuto alcun ruolo nell’assassinio di Charlie Kirk. Era la seconda volta che negava la responsabilità nella sparatoria per la morte di Kirk”.
Doppia excusatio non petita.
O, se preferite, doppia coda di paglia.
Ecco il pezzo messo in rete da ‘The GreyZone’ nella sua versione originale, Top pro Israel TPUSA doner terminated support for Kirk in days before death, sources say
26 Settembre 2025


27 Set 2025
Posted by Iskra

