Legge di Stabilità. Parla Marta Fana*, ricercatrice al prestigioso SciencesPo Paris. Da Renzi, l’attacco al sistema previdenziale e il teatrino delle mancette
di Giampaolo Martinotti
Dopo l’accordo tra governo e sindacati sulle pensioni, che l’opposizione in Cgil ha definito “un accordo dalla parte delle banche”, si scoprono le carte sulla prossima manovra finanziaria. Tra il “Patto della lavagna” e l’inadeguatezza degli interventi elaborati dall’esecutivo a sostegno della produttività e degli investimenti, un Renzi già bocciato ha in serbo l’ennesimo inganno ai danni dei lavoratori, dei pensionati e delle fasce più deboli e precarie della nostra società.
La nuova legge di Stabilità 2017 dimentica l’Irpef e il cuneo fiscale ma racchiude in sé una miriade di piccoli bonus. Come giudichi la prossima finanziaria del governo Renzi?
Regressiva a partire dal documento di Aggiornamento del DEF: sappiamo che il deficit scenderà da 2,6 a 2,4 di Pil (nonostante il Pil sia fermo) il che implica una riduzione della spesa pubblica per beni e servizi di cui c’è estremamente bisogno per far fronte alla deriva delle condizioni materiali di milioni di cittadini. Condizioni materiali che non si risolvono con la politica dei bonus, 80 euro qua, 80 euro lì o un po’ di briciole per chi si trova in condizioni di povertà. Allo stesso tempo però il governo continua con gli sgravi alle imprese, quest’anno rivolti al taglio dell’Ires, la tassa sui profitti. Continua, in estrema sintesi, uno spostamento del reddito nazionale dal lavoro ai profitti, causa di sempre maggiori disuguaglianze e scarsa crescita. Anche perché il nostro governo lo fa in modo del tutto subalterno al tessuto imprenditoriale: un taglio secco, senza vincoli sugli investimenti e sulla nuova occupazione (netta).
Banche, assicurazioni e mutui. Stiamo assistendo all’ennesimo passo in avanti verso la privatizzazione del sistema pensionistico statale? Qual è l’impianto alla base della riforma delle pensioni?
Aggiungerei che il tentativo non è solo quello di privatizzare la previdenza (già in atto con gli incentivi per quella complementare), ma anche quello di “individualizzarlo”: ognuno fa per sé. L’impianto base è la Riforma Fornero che subisce un lieve correttivo: la possibilità di prepensionamento, che grava interamente e pesantemente sulle tasche dei cittadini che ne faranno uso. Di fatto, lo Stato pur di non imbattersi in un debito di cassa nel breve periodo – la Commissione non lo accetterebbe – sposta il debito sui cittadini. I cittadini per avere un diritto dovranno quindi attingere a un finanziamento privato, pagare degli interessi ma anche un’assicurazione, per assicurarsi nel caso in cui muoiano prima di aver restituito tutto il debito. Non soltanto, l’assegno pensionistico sarà già ridotto a monte, da parte del governo, a causa dell’anticipo. Al momento mancano molti dettagli per verificare l’incidenza dell’APE. Quel che si sa è che il taglio dell’assegno non dovrebbe avvenire per i lavoratori precoci – quelli che hanno cominciato a lavorare prima dei 19 anni – che si trovano oggi in condizioni disagiate (disoccupati di lungo periodo o con invalidità). Manca qualsiasi riferimento alla progressività di questo strumento, quindi quella funzione di riequilibrio del sistema pensionistico: il taglio dell’assegno sarà per tutti uguale? Quali vincoli per le assicurazioni? Poi ci sono i bonus per la quattordicesima e un aumento della no tax area per chi ha una pensione sotto i 750. La domanda è: come si finanziano queste due manovre, con il taglio delle pensioni anticipate? Infine c’è l’incentivo per l’uso delle pensioni integrative la possibilità di attingere a questi fondi nel caso in cui si anticipi la pensione, detto RITA. Una meccanismo simile al Tfr in bustapaga.
Parliamo di questo nuovo meccanismo. Tra un acronimo (più o meno colorito) e l’altro, il RITA viene sbandierato come “regime fiscale privilegiato”. Ma in realtà di cosa si tratta?
Come anticipavo, è l’ennesimo tentativo di sottrarre alla responsabilità pubblica il sistema pensionistico e più in generale la necessità di riformare il welfare per permettere ai cittadini di avere un reddito dignitoso in tutte le fasi della loro vita. Con il RITA il governo dice ai cittadini: volete andare in pensione prima e non farvi mutuo e assicurazione? Bene, allora vi diamo la possibilità di prendere i vostri stessi risparmi investiti in fondi pensione e usarli come reddito per il periodo in cui avete anticipato la pensione di vecchiaia. Quindi, i cittadini se vogliono andare in pensione anticipatamente non hanno che attingere dal proprio reddito differito, perché non potranno contare su nessun ammortizzatore o reddito ponte fino al momento della pensione, a meno di fare il mutuo.
Come hai già accennato in precedenza, con il raddoppio della quattordicesima Renzi ha promesso 80 euro anche ai pensionati titolari di una pensione minima fino a 750 euro. Demagogia da campagna elettorale pre referendum?
Ovvio, ci vorrebbero ben altri finanziamenti per un welfare moderno dall’infanzia alle pensioni. Però ecco, abbiamo gli strumenti per renderci immuni dalla propaganda e le briciole: dare 80 euro ai pensionati e poi tagliare sulla sanità significa dare con una mano e togliere con l’altra. Un ennesimo gioco delle tre carte.
Manovre per rilanciare investimenti e consumi o soldi pubblici gettati letteralmente dalla finestra. Tra le decontribuzioni alle aziende, i famosi “80 euro” e l’annullamento dell’Imu sulla prima casa, il governo ha speso oltre 30 miliardi in due anni. Ma cosa indicano i dati economici reali?
Stagnazione, un paese che ha già varcato la soglia del baratro e che si ostina a comprimere redditi e salari di fasce sempre più ampie della popolazione. Il Pil è immobile e non potrebbe essere altrimenti senza un piano di investimenti pubblici mirati, senza domanda per consumi, senza un aumento di beni e servizi pubblici per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Tra l’altro la prossima legge di stabilità prevede un superammortamento del 250% per le imprese che investono in tecnologia. In tecnologia, generico? Un ammortamento del 250% significa che è lo stato, quindi i cittadini, a pagare questi investimenti e dando alle imprese anche qualcosina in più di quel che hanno speso. Dovrebbe essere se non un obiettivo politico, perlomeno buon senso avere il diritto di intervenire su tali decisioni che poi attengono strettamente all’organizzazione industriale di un paese.
Fiscal compact, legge di Stabilità e riforma delle pensioni, tagli ai fondi destinati alle regioni e ai comuni, alla sanità e all’educazione pubblica. La revisione costituzionale elaborata dal governo è tesa al rafforzamento di un sistema che si basa sul teorema più profitto (di pochi) e meno diritti (per tutti)?
Partirei dalla causa prima che dagli effetti: la riforma costituzionale tende a concentrare il potere nelle mani di pochi e comprimere gli spazi di democrazia sussidiaria. Questo produrrà una radicalizzazione degli attuali rapporti di forza tra governati e governanti (sempre meno legittimati), tra chi può influire sulla politica (le imprese e il grande capitale) e chi ne subisce gli effetti ( i lavoratori, i disoccupati, i nullatenenti, ecc…). Inevitabilmente, in un sistema che non si pone più l’obiettivo della giustizia sociale – com’è evidente dalle riforme e leggi che hai citato sopra – l’effetto più immediato è un sistema che favorirà il profitto, i redditi, le rendite di pochi a discapito dei diritti di molti.
* Marta Fana, in collaborazione con Valeria Cirillo e Dario Guarascio, è co-autrice di “Labour market reforms in Italy: evaluating the effects of the Jobs Act”, il primo studio scientifico sul Jobs Act presentato a dicembre 2015 e realizzato per conto di ISIGrowth
30 settembre 2016