Maria Morigi, scrittrice, archeologa e studiosa di storia delle religioni, in un’intervista all’agenzia stampa Mizan ha esaminato criticamente la condotta del regime sionista, descrivendola priva di qualsiasi fondamento morale o ideologico.
Ha definito gli omicidi mirati del regime “la forma peggiore di terrorismo”: un terrorismo eseguito con freddo calcolo e pianificazione meticolosa, privo di qualsiasi giustificazione umana, finalizzato soltanto ad eliminare la resistenza e affermare il dominio nella regione. Secondo lei, l’attacco all’Iran invocando il programma nucleare è soltanto un pretesto; il vero obiettivo è isolare Teheran, smantellare l’asse della resistenza e promuovere un’agenda di cambio di regime—un’operazione priva di legittimità giuridica e di basi tecniche.
Morigi ha attribuito il silenzio dei governi occidentali ai loro interessi economici e all’influenza delle lobby sioniste. Ha inoltre criticato i media occidentali per l’informazione tendenziosa e per ignorare i massacri di civili a Gaza, in Libano e in Iran.
Esprimendo dolore e indignazione per i recenti attacchi all’Iran, Morigi ha sottolineato l’esigenza di un’informazione accurata, di una leadership indipendente più forte e dell’inseguimento legale dei crimini di guerra.
Di seguito, il testo integrale dell’intervista esclusiva:
Negli ultimi giorni il mondo ha assistito ad evidenti atti di aggressione da parte del regime sionista contro l’Iran e il suo popolo. Perché questo regime commette tali crimini contro civili indifesi a Gaza, in Libano e in Iran? Cosa lo spinge a proseguire con questi atti, compresi gli omicidi mirati?
Una semplice occhiata alla mappa dell’espansione del regime sionista sgombra il campo da ogni illusione: Israele si sente costantemente minacciato e perciò persegue la distruzione totale di Gaza e della Cisgiordania. Violenza e aggressione sono i suoi unici strumenti per l’espansione territoriale, soffocando ogni resistenza collegata ad Hamas, violando accordi diplomatici e ignorando le risoluzioni ONU.
Gli assalti di Israele a Gaza, Libano, Yemen e Iran—e l’aumento dei crimini di guerra—sono dettati dal crescente isolamento del regime nell’opinione pubblica mondiale e dalla condanna internazionale verso Netanyahu.
Il regime sionista sostiene di mirare al programma nucleare e missilistico dell’Iran, ma in realtà bombarda ospedali, infrastrutture e centri media, con molte vittime tra donne e bambini. Come spiega questa contraddizione? Qual è il vero scopo?
L’alibi nucleare è soltanto un pretesto. Esperti come Massimo Zucchetti, massimo specialista italiano di disarmo nucleare e professore al Politecnico di Torino, hanno più volte smontato queste accuse. Zucchetti—candidato al Premio Nobel per la Pace 2015 e membro di missioni ONU—ha confutato tali affermazioni nei suoi studi sul programma iraniano.
Il vero scopo dell’aggressione israeliana è umiliare l’Iran e interrompere il suo sostegno all’asse della resistenza. Falliti sanzioni, rivoluzioni colorate e campagne anti-velo, Stati Uniti e Israele puntano ora al cambio di regime.
Il recente attacco americano non è stato una risposta a un’azione iraniana. Non esistono prove credibili dell’Iran impegnato nella costruzione di una bomba atomica. È stato un attacco preventivo—non per quello che l’Iran ha fatto, ma per quello che potrebbe fare. Questo legittima l’uso della forza in base al sospetto, creando un pericoloso precedente e violando la Carta ONU, che ammette la forza solo per legittima difesa o con autorizzazione del Consiglio di Sicurezza.
Nonostante le documentazioni di crimini di guerra da parte delle Nazioni Unite e di ONG, gli occidentali continuano a sostenere politicamente e militarmente Israele. Perché il silenzio dell’Occidente?
Purtroppo governi e opinione pubblica occidentali sono intrappolati nella propaganda che, sin dalla fondazione di Israele, serve a lavare la coscienza occidentale dal senso di colpa dell’era nazista. Negli anni Settanta, dopo la Guerra dei Sei Giorni, i media hanno dipinto Israele come vittima di “vicini minacciosi”. Con l’affermarsi di Hamas, i mass media occidentali hanno ignorato il ruolo sociale e umanitario del movimento, bollandolo semplicisticamente come “terrorista”.
I media occidentali presentano le azioni di Israele come autodifesa, ignorando le vittime civili a Gaza, Libano e Iran e le operazioni di assassinio. Come valuta questo pregiudizio e come contrastarlo?
In Italia lo chiamiamo “doppio standard”: applicare criteri diversi a situazioni che dovrebbero essere trattate allo stesso modo. L’obiettivo è evidente: supportare o screditare un soggetto a piacimento.
Qual è l’obiettivo a lungo termine del regime sionista? Quali minacce rappresentano le sue ambizioni per i vicini regionali?
Onestamente, non vedo alcuna visione a lungo termine. Vivere in uno stato di guerra permanente non è sostenibile. L’esodo in massa dagli oltre confina con l’idea di un vicolo cieco. Il regime si isola e subisce continue ritorsioni. Inoltre, la sconfitta totale della resistenza—sia Hamas sia gruppi in Libano e Yemen—è altamente improbabile: anche indebolita, rimarrà la voce legittima del popolo palestinese.
Qual è la sua reazione personale ai recenti attacchi e alla morte di civili? Che messaggio rivolgere al popolo iraniano?
Sono profondamente addolorata, pervasa da rabbia e impotenza. Esprimo solidarietà agli iraniani: confido che la loro dignità culturale e antica civiltà sapranno resistere all’irrazionale comportamento di chi si considera arbitro del mondo.
L’immediata reazione dei gruppi di opposizione è segno di maturità politica: hanno difeso il Paese, definendo l’attacco una “guerra imposta”, rievocando la guerra Iran-Iraq (1980–1988), in cui l’Iran fu ancora una volta vittima di aggressione sostenuta dagli stessi attori: USA e Israele.
Gli USA hanno più volte posto il veto a risoluzioni ONU contro i crimini del regime sionista. Crede che la politica statunitense alimenti queste aggressioni?
L’establishment politico statunitense, fortemente legato alle lobby sioniste, finanzia e supporta le operazioni del regime, pur evitando il coinvolgimento diretto. La responsabilità di queste azioni è sempre politica e allineata con interessi finanziari e strategici.
Israele afferma di colpire solo siti militari, ma in realtà colpisce aree civili, come a Gaza dove numerosi bambini sono stati uccisi o resi disabili, e negli attacchi all’Iran le vittime erano per lo più donne, bambini e civili comuni. Qual è il vero motivo di questa volontà di colpire i civili?
La maggior parte dei siti civili—scuole, ospedali—viene colpita con l’alibi di ospitare basi della resistenza. In realtà, l’obiettivo è attuare un progetto di pulizia etnica.
Le proteste globali contro i crimini del regime sionista crescono. Come tradurre questa solidarietà internazionale in pressione politica ed economica concreta?
Prima di tutto serve informazione bilanciata, documentata e accurata per contrastare i pregiudizi. Occorrono leader credibili e imparziali, liberi da interessi di parte, che non sventolino bandiere di alcun movimento. Purtroppo resta un ideale, perché l’opinione pubblica è dipendente da narrazioni semplicistiche e faziose.
Molti ritengono che i leader israeliani dovrebbero essere processati in sedi internazionali come L’Aia per crimini di guerra e terrorismo di Stato. Perché la comunità internazionale non agisce con decisione?
La Corte Internazionale di Giustizia, organo giudiziario dell’ONU, emette sentenze vincolanti e definitive e ha già condannato, per esempio, il muro israeliano nei territori occupati (2004). Tuttavia, non tutti gli Stati accettano la sua giurisdizione e alcuni rifiutano di partecipare ai procedimenti, limitandone l’autorità. Inoltre, i casi altamente politicizzati possono risentire di interessi internazionali, mettendo a dura prova l’imparzialità della Corte.
Da oltre sette decenni il regime sionista usa gli omicidi mirati contro figure politiche e militari—soprattutto oppositori e critici—come strumento strategico. Perché affida tanta importanza a questa forma di “terrorismo di Stato”? Qual è la sua opinione?
È la forma peggiore di terrorismo perché priva di qualsiasi fondamento ideologico o morale. Opera con precisione fredda, sistematica e ingegnerizzata—caratteristiche assenti anche nelle ideologie fondamentaliste più estreme.