La contestazione a Hong Kong sembra ormai non avere sbocco e il sostegno popolare sta crollando.
Nessuna delle rivendicazioni dei manifestanti verte su problemi reali: sovraffollamento e insalubrità delle abitazioni, disoccupazione e condizioni di lavoro, difficoltà di accesso alle cure e all’educazione.
Le cinque rivendicazioni del movimento cercano invece di umiliare innanzitutto il governo regionale:
abrogazione della legge sull’estradizione dei criminali verso la Cina continentale;
elezione per suffragio universale del capo del governo;
liberazione dei teppisti, che non devono più essere chiamati “rivoltosi”;
denuncia delle violenze dei poliziotti e delle triadi;
dimissioni del capo del governo, Carrie Lam.
Temendo che il movimento debordi in un’altra città-Stato creata dai britannici nella regione, il primo ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, ha chiesto aiuto alla Conferenza dei sindacati (foto): «Se dovessimo affrontare sommosse come quelle di Hong Kong, diventerebbe impossibile governare Singapore, adottare provvedimenti e mettere in atto decisioni difficili, pianificare qualunque cosa a lungo termine… La fiducia in Singapore ne uscirebbe distrutta. Credo che sarebbe la fine di Singapore».
Traduzione
Rachele Marmetti
20 novembre 2019