di Walter Montella
Il sistema capitalistico, pian piano, si è impossessato delle nostre cose e, in particolar modo, delle nostre menti facendoci credere che le regole economiche, siano, innanzitutto, scevre dalle scelte politiche.
Mentre il sistema capitalista applica queste “regole” si struttura come potere bancario e crea, dal nulla, a costo – praticamente – zero, denaro che presta alla comunità (sia che si tratti di un singolo, di uno Stato o di un Continente) con l’obbligo di farlo ritornare indietro con un interesse.
Le banche creano carta-denaro (in quanto unici soggetti titolati a stamparlo) senza controllo, con lo scopo di riaverne una quantità maggiore rispetto a quello dato in prestito.
La comunità, che nel frattempo fa girare questa carta-denaro presa in prestito, produce ricchezza tramite il lavoro e si arrovella nel tentativo di restituire alle banche questo, assurdo ed impossibile, fenomeno “fisico” chiamato debito (che sia pubblico o privato).
Questo debito diventa insolvente da parte della comunità perché quest’ultima non può creare carta-moneta.
Le banche, sapendo bene che questo meccanismo rende impossibile saldare il debito, si accaniscono sui “debitori” chiedendo, come contropartita, la ricchezza prodotta (beni materiali) sia dai singoli, che dagli Stati.
Con questo meccanismo, le banche rendono, di fatto, insolventi le comunità e si appropriano della ricchezza vera.
Danno carta-denaro (di costo irrisorio) per riavere indietro case, fabbriche, terreni, beni culturali, servizi, ecc.
Le Banche Centrali creano banconote (vedi la BCE) e le prestano, ad esempio, allo 0,25 % alle banche commerciali le quali le prestano, a chi si presenta ai loro sportelli, al 5 %; rincarando di 20 volte quanto hanno ricevuto.
La BCE, ad esempio, non presterà mai direttamente la carta-denaro perché farebbe saltare il meccanismo perverso voluto della truffa del guadagno sul prestito.
Dai privati, che prendono carta-denaro le banche commerciali, esigono la totalità del debito contratto mentre per gli Stati, che prendono a prestito carta-denaro, sempre, le stesse banche, chiedono la restituzione dei soli interessi allo scopo di non far comprendere la loro complicità con il meccanismo. Anche se, in verità, nemmeno questo viene restituito per evitare la mancanza di circolarità del denaro. Infatti, viene richiesto indietro il prestito di qualcuno ma lo si concede ad un altro ripristinando, in questo modo, il livello M (Moneta) circolante.
Gli Stati, una volta ricevuta la carta-denaro dalle banche commerciali, emetteranno a loro volta cambiali: titoli di Stato, dove l’insieme dei titoli costituisce il debito pubblico.
L’azione congiunta, per far restituire il prestito carta-denaro con beni materiali reali, tra le banche e gli Stati verso la popolazione è di tipo vessatorio, intimidatorio, pubblicitario.
Quando il debito supera, di gran lunga, il denaro circolante i Governi, per “rimediare” creano nuove tasse e privatizzano i servizi.
Mentre, da una parte, la comunità s’impoverisce e vende (ma sarebbe meglio dire svende) i suoi beni materiali (case, terreni, ecc.) a chi ha denaro (fasce alte della comunità), dall’altra, le ricchezze si trasferiscono alle banche per avere altra carta-denaro, per far fronte al sopraggiunto impoverimento, creando, il cosiddetto, fenomeno deflattivo. Meglio sarebbe dire che, se le banche non fanno più prestiti le attività produttive della comunità, nel suo complesso, arretrano e, conseguentemente, fanno circolare meno denaro provocando la deflazione.
In questo processo si crea il fenomeno che i poveri diventano più poveri e i ricchi, sempre, più ricchi.
Come diceva bene Marx nel Capitale Libro I, capitolo 24 “Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perchè questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato. A poco a poco essa divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò a impiccare i falsificatori di banconote. Gli scritti di quell’epoca, per esempio quelli del Bolingbroke, dimostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di quella genìa di bancocrati, finanzieri, rentiers, mediatori, agenti di cambio e lupi di Borsa”
La crisi, quindi, per la borghesia, diventa raccolta dei frutti della propria politica economica.
Visti i tagli, operati da parte dei vari Governi agli Enti locali, dei servizi alla collettività, la svendita dei beni pubblici e le privatizzazioni in atto, c’è da chiedersi se stanno lavorando per evitare l’impoverimento della comunità oppure per l’esatto contrario.
2 Comments
Bravo, ottima analisi
Finalmente qualcuno parla in modo comprensibile e spiega le cose come stanno. Grazie mille