da Angelo Ruggeri
Senza la dialettica non potremmo nemmeno comprendere il rapporto dell’uomo con la natura che si realizza mediante il lavoro umano di trasformazione della natura in natura umanizzata, di cui anche la tecnologia è un epifenomeno che svela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura e, stante che questa è il corpo inorganico dell’uomo, svela anche il comportamento dell’uomo verso se stesso e verso gli altri uomini e l’immediato processo di produzione della sua vita.
Angelo Ruggeri
Prendiamo spunto dall’allegato che postiamo perché testimonia, a mio parere, il valore della dialettica e l’importanza del dialettizzarsi reciprocamente, dialettica che contiene i sé la scienza della conoscenza o gnosologia (come usano dire i tellettual-IN), ma che deve parimenti sempre considerare il proprio oggetto storicamente, sia in generale e, dunque, in modo interdipendente e interdisciplinare, gnosologicamente unificante, sia in nel campo specifico oggetto di indagine: della natura e della storia, della filosofia e delle scienze in ogni loro branca, dell’economia come del diritto, del costituzionalismo, della democrazia, della ecologia (ecc.); e propriamente in merito alla gnosologia rispetto la tecnologia, l’energia, la medicina a partire da quella di base, la salute (il cos’è salute), le funzioni quali l’istruzione, ecc., i servizi sociali quali i trasporti, ecc., l’acqua (eccetera).
Approccio sindemico e programmazione democratica per una “salute” supportata da tutti i campi organizzati della società e non solo dai vaccini
Perché, come discutevamo e già si diceva al tempo della messa in campo della Riforma sanitaria – colpevolmente affossata specialmente dalla Regioni che hanno tradito la funzione loro assegnata dalla costituzione per diventare un potere centralistico autore di scelte che ha nei fati distrutto il sistema sanitario nazionale (come ha ben detto anche l’Anaao-Assomedica) – il problema della salute è un fenomeno non solo naturale ma sociale e, dunque, la medicina (e la scienza medica) è un epifenomeno o fenomeno sovrastrutturale, sicché il problema e il compito della sanità non può essere lasciato nelle sole mani della scienza medica, ma è di delineare una medicina capace di corrispondere ad obbiettivi di salute in tutti campi dell’organizzazione economica e sociale, nel quadro dei nuovi rapporti uomo-natura e uomo-società, determinati dalla sviluppo dei potenti fattori strutturali economici e sociali e dell’organizzazione della società in ogni campo. Tanto più oggi con il Covid che come è stato detto, più che una pandemia è una sindemia, che è appunto l’insieme dei problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione e sinergia tra molteplici fattori sociali e malattie. Per cui anche l’approccio deve essere sindemico, che comprenda tutti questi molteplici fattori e settori della vita sociale, che devono TUTTI essere oggetto di interventi (trasporti, scuola, tecnologie, azioni di disinquinamento, salubrità dell’ambiente urbano e ed extraurbano, ambiente e organizzazione del lavoro e di tutti i luoghi di vita, ecc.):come appunto ad es. era nella Riforma sanitaria che a tutto e anche a tutti questi campi si applicava … Attuando il compito della sanità di creare una medicina capace di corrispondere ad obbiettivi di salute, a partire già dall’ambiente del territorio e dei luoghi di lavoro e di studio, ovvero da quelle che erano i compiti di prevenzione delle USL, centrate sul territorio, la medicina di primo livello e la organizzazione della sanità di base, che distorcendo la Costituzione le Regioni in primis hanno spazzato via (con assenso dei governi), in cambio di investimenti tecnologici negli ospedali che fruttavano, ai Formigoni e ai Maroni – che nel 2014 ha cancellato la sanità di base – tangenti del 10% ….
Interventi in tutti i campi, dunque, non solo dunque puntando esclusivamente sui vaccini, che è una scelta catastrofica di economia politica, che si sta dimostrando inefficace se non fallimentare, che ha portato le risorse disponibili esclusivamente verso le case farmaceutiche, trascurando di rendere tutti i campi adeguati a supportare anche loro, una adeguata attuazione del principio e del primato della salute pubblica e della prevenzione.
Un approccio sindemico, dunque, richiede una pianificazione o programmazione democratica/sociale degli interventi e della distribuzione delle risorse in tutti i settori della società; nei vari campi dell’organizzazione delle funzioni e dei servizi sociale ed economici, che necessitano di interventi , che – altro che meno democrazia e più autoritarismo e centralismo del governo e delle regioni!!!!! – devono coinvolgere necessariamente il territorio, le comunità locali e gli enti locali comunali, anziché assoggettale al dominio dall’alto del potere centralistico delle Regioni. Come avveniva con la Riforma istitutiva del SSN e come prevede la Costituzione della Repubblica delle autonomie locali comunali (non delle autonomi regionali centralizzate!!!), per rafforzare un approccio che gli anglofoni chiamano One Health: volto creare alleanze e sinergie e attuare il principio della “salute” in tutte le politiche, in ogni campo della società e dell’ambiente …: il che è fuori dalla portata di un BANCHIERE “capo” del governo, e non è riducibili solo alla competenza di scienziati della salute, ma chiama in causa tutte le discipline scientifiche e le comunità sociali dei lavoratori-cittadini.
L’economia politica di governo del capitale finanziario del BLOCCO STORICO euro atlantico.
E bastato porsi in rapporto dialettico con quanto avevo appena accennato, asserendo che è a causa della economia politica del governo che si verifica la grave mancanza di interventi adeguati in tutti i vari campi e sopra richiamati – nessuno escluso, sono tutti attinenti alla salute – per dare modo di allargare dialetticamente ai temi del lavoro, del clima, dell’energia e dell’ambiente comprendendo – come Agostinelli -, l’implicazione che in tali campi comporta l’economia politica. Implicitando l’estensione a tali campi di quel che si deve intendere per SALUTE: scientificamente da riferire ad ogni scienza e non solo a scienziati della medicina e tutti i settori della attività umana, tutti necessitati di interventi adeguati di cui nemmeno si parla. Questo perché risulta occultata che – , al di là dei vaccini – , la mancanza di interventi adeguati e di misure di SALUTE e sanità pubblica in generale, sono un EPIFENOMENO della ECONOMIA POLITICA o, se si preferisce, una implicitata conseguenza della economia politica del capitale finanziario rappresentato al vertice del governo da un capo assoluto di tutti i banchiere del blocco storica euro atlantico.
Intendiamo dire che le scelte di politica sanitaria centrate quasi esclusivamente sui vaccini, sono determinate dalla ECONOMIA POLITICA, da una ECONOMIA POLITICA DELLA PANDEMIA, che orienta e soprassiede i comportamenti, le scelte e le misure del governo del banchiere Draghi, pure nel campo della salute e della scienza medica, inintelligentemente definita “ufficiale” sia dai c.d. “scienziati”, quali i gettonati Bassetti, Pregliasco, sia dallo stesso Draghi: a imperitura e perpetua testimonianza della loro e sua ignoranza e di tutti coloro che ricorrono e veicolano l’ossimoro di una “scienza ufficiale”.
Riprendendo e partendo dal semplice assunto che tutto dipende dall’economia politica e dall’errore gravissimo dei governi nostri ed euro atlantici di investire tutto sui big dell’industria farmaceutica occidentale, fatta passare come necessitata SCELTA “scientifica” avvallata e veicolata dalla pretesa scienza “ufficiale”, diffuso a giornali e reti unificate, è uscito un esemplare esempio di come e cosa si produce quando ci si pone in un rapporto dialettico anche soltanto con tale asserzione, prolungando in tutti i campi gli effetti della dialettica applicata. Per la quale dialettica nulla è fermo e stabile e definitivo e tutto è soggetto all’indeterminatezza all’infuori del processo ininterrotto di un continuo divenire, dal più basso al più alto, dalla non-conoscenza alla conoscenza. Una CONOSCENZA per la quale non basta la competenza del tecnico ma serve ed è indispensabile la competenza del non tecnico, cioè di tutti quanti gli uomini che da lavoratori/cittadini sono tutti e ognuno di per se competenti.
Quello che più “preoccupa” è che oggi, ad es., non si sappia più quel che si sapeva, e che era stato acquisito dalla coscienza e dal cervello sociale di massa, durante e dopo quell’eccezionale tornante storico degli anni successivi a quelli del 68-69 , anni di eccezionale promozione e ascensione dal basso verso l’alto della democrazia sociale e del sapere in ogni campo da parte di tutti ,e SOPRATTUTTO nel campo della medicina, della scienza medica e della salute. Quando praticamente tutti sapevano della non neutralità della scienza e della insufficienza della competenza del tecnico o scienziato, per cui si riteneva indispensabile necessità anche la competenza del non tecnico, del non scienziato, proprio e soprattutto e ancor di più nel campo della medicina e della salute. Tanto che un medico dell’Ospedale di Tradate, il caro Filippo Maresca, ha scritto un libro intero (“Il Cuore”) per esemplificare, citare e rappresentare tutti i casi e le volte in cui la medicina e lui stesso come medico, avevano potuto risolvere problemi di salute, ricorrendo alla competenza del non tecnico (che mai va definito “paziente”), che spesso era un operaio la cui classe su ambiente e salute aveva acquisito competenze superiori a qualsiasi tecnico o scienziato (i quali, anzi, per imparare si rivolgevano agli operai), senza di cui la competenza del tecnico/medico/scienziato non sarebbe riuscito a venire a capo di una soluzione dei problemi di salute.
Forse può anche essere che per aver vissuto uguali esperienze e negli stessi ambiti di tempo e di spazio, ci risulta facilitato recepire reciprocamente, tra noi quanto è magari solo implicitato. Forse proprio, penso, per una comune introiezione della dialettica, favoriti dalla “grandezza” di quegli anni di lotta che ha permesso non solo di riconoscerla ma di vivere la dialettica, applicata e praticata concretamente nella realtà di quegli anni, anche come dottrina di reciproca conoscenza delle nostre persone, tra noi e con gli altri, oltre che come teoria generale della conoscenza e dottrina dello sviluppo storico.
La dialettica come teoria della conoscenza e dottrina dello sviluppo storico
Ovverosia l’introiezione della dialettica materialistica come una cosa che non appartiene agli scienziati, che sappiamo che non è un metodo di pensiero inventato i filosofi, ma è la cosa più popolare che esista. E’ questo, che qualcuno dovrebbe spiegare a Draghi e ai vari giornalisti nonché ai tanti Pregliasco, scienziati, virologi, ecc., che non solo zittiscono ma teorizzano che quelli che non sono scienziati devono tutti solo TACERE!!! A costoro e a tutti i giornalisti che li spalleggiano, qualcuno dovrebbe spiegare quello che ad es. Hegel cercava di spiegare a Goethe, reso ottuso in materia dal suo panteismo, dal suo modo di considerare la natura, anche l’idealità, la pianta originaria, cioè dall’antistoricismo che Goethe aveva ancora.
Dunque, Hegel andò a Weimar da Goethe e immaginiamo che gli abbia praticamente detto: senta, signor Goethe, stiamo a parlare tanto di dialettica. Ma cosa cavolo è la dialettica ? La dialettica è soltanto il buon senso critico degli uomini è lo spirito di contraddizione che vive in ogni uomo che porta a vedere le cose da punti di vista diversi. Cosi finalmente anche Goethe ha potuto in qualche modo accettare la cosa.
Per questo ho asserito che più che in una POST DEMOCRAZIA siamo in una PRE DEMOCRAZIA, non solo in un PRE MARXISMO ma in un PRE HEGELISMO E PRE GOETHISMO, perché NEGARE LA DIALETTICA, cioè l’umano spirito di contraddizione e punti di vista diversi (che è ciò che si tenta di fare: negare la dialettica delle opinioni, la dialettica sociale e di classe, la dialettica politica e le motivazioni ideali e programmatiche che sono state sia alla base della storia dei partiti fondatori della democrazia e della repubblica sia allo svolgersi della loro dialettica, dopo aver perfino eliminato i “Partiti” ), negare la dialettica SIGNIFICA NEGARE non solo LA DEMOCRAZIA E IL DIRITTO DI CRITICA E DI OPINIONE SANCITO DALLA COSTITUZIONE, ma anche NEGARE IL DIRITTO ALLA CONOSCENZA, IN QUANTO LA REALTA CONOSCIBILE SI MODIFICA CONTINUAMENTE ATTRAVERSO IL METODO DIALETTICO DELLA CONOSCENZA: UNA COSA QUESTA CHE A DRAGHI e a GIORNALISTI E SCIENZIATI “UFFICIALI” POTREBBE DIRGLIELA, ad esempio, ANCHE UN SEMPLICE CONTADINO. A tale base della dialettica si deve e si può solo aggiungere che, quando i metodi si modificano, si può conoscere anche ciò che si modifica. E questo mi pare di poter dire – pur senza essere un fisico o uno scienziato – che sia proprio di uno sviluppo storico della fisica, cosa questa, che certo non è solo una cosa innata nell’uomo, ma appartiene alla natura. Proprio come i più naturali avvenimenti della vita di ogni giorno sottostanno alla natura della dialettica – anche nelle scienze e nelle più piatte forme della vita di ogni giorno.
Questo quanto meno se non si ha la sventura di diventare un prete calvinista che pratica malamente la religione, PERCHE’ ANCHE I PADRI DELLA CHIESA SONO DEI GRANDI DIALETTICI, e questa e cosa ovvia.
Dunque, la dialettica non è un comportamento inventato dai filosofi ma è la cosa più popolare che ci sia. Va da Aristotele fino a Hegel e poi fino a Marx e a Lenin. Solo acquista forme diverse è la cosa più popolare che ci sia. Dalla dialettica idealistica si è sviluppata quella materialistica, fino ad assumere le forme più straordinarie nelle mani di fisici come Einstein o Heisenberg, che anche noi del volgo e non scienziati abbiamo letto e conosciamo, cosi come abbiamo non solo letto ed anche studiato i libri dell’economia politica ma anche quelli di critica dell’economia politica che tanti scienziati, giornalisti e politici neanche sanno che esistono.
Quando dire che la realtà conoscibile si modifica con la conoscenza, significa che comunque non possiamo riconoscerla precisamente (ne possono riconoscerla gli scienziati …); quindi SI DEVE SMETTERE DI DIRE, da parte di pseudo POLITICI e GIORNALISTI e cosiddetti SCIENZIATI, che il Covid 19 non lo conosciamo solo perché è un fenomeno recente e improvviso: perché sappiamo bene che la REALTA CONOSCIBILE comunque SI MODIFICA CONTINUAMENTE. E si dovrebbe smettere anche di dire che E’ UN MIRACOLO AVER INVENTATO I VACCINI IN UN ANNO: quando oltre tutto sanno che il vaccino RNA è il prodotto di un lavoro di ricerca iniziato nella università di Budapest già negli anni 60 e quando ancora c’era il regime che non era “comunista” ma come in tutti i paesi dell’Est era un vero stato sociale dove tutto era gratuito, come può esserci soltanto dove non c’è la proprietà privata dei mezzi di produzione e quindi anche della ricerca (donde la bufala di chiamare stato sociale quello dell’Occidente dove non c’è la gratuità delle funzione e dei servizi pubblici che anzi sono diventati dei privati che non ti regalano certo le prestazioni …). Donde che una ricercatrice ha potuto portare avanti la sua ricerca perché l’istruzione e l’università erano gratuite come tutto il resto ed anche se era una ricerca in perdita, senza speranza di successo e tanto meno di profitto … che portato la sua ricerca quando nel 90 si è trasferita negli USA che hanno beneficiato del lavoro sviluppato da decenni a Budapest.
E’ l’applicazione della dialettica – anche tra la competenza del tecnico e la competenza del non tecnica – che produce la conoscenza tramite la scienza dialettica o dialettica della scienza , per la quale non vi è nulla di definitivo, di assoluto e sacro, all’infuori dell’ininterrotto processo della dialettica, sia come dottrina dello sviluppo storico sia come la più semplice cosa che esista, popolare e umana, essendo propria del principio di contraddizione che appartiene ad ogni uomo e che permette di sviluppare e approfondire precisamente anche ogni asserzione che potrebbe altrimenti intendersi in modo equivoco o superficiale se non si desse all’autore della asserzione la possibilità di specificare ogni fondamentale sfaccettatura come è proprio della dialettica, se cioè non ci si dialetizzasse reciprocamente su qualsivoglia asserzione o tesi o teoria (ecc.), in ogni campo dello scibile umano e sociale: è la dialettica che interloquendo con l’altro consente all’autore di una asserzione o di una opinione di meglio argomentare e precisare ciò che intendeva dire effettivamente …
La dialettica dell’uomo con la natura che procede dialetticamente e non metafisicamente
Senza la dialettica non potremmo nemmeno comprendere il rapporto dell’uomo con la natura e “La natura è il banco di prova della dialettica e noi dobbiamo dire a lode delle moderne scienze naturali che esse hanno fornito a questo banco di prova un materiale estremamente ricco “ (e questo è stato scritto prima della scoperta del radio, degli elettroni, della trasformazione degli elementi, ecc.. nota di Lenin) “che va accumulandosi giornalmente e che di conseguenza esse hanno dimostrato che, in ultima analisi, la natura procede dialetticamente e non metafisicamente” (F. Engels, “Antiduhring”). Un rapporto dialettico con la natura che si realizza mediante il lavoro umano di trasformazione della natura, dove tutti i prodotti sono prodotti del lavoro per l’uso, in cui tutta la forza lavoro di una data società è una sola e stessa forza umana di lavoro che produce beni, di cui ciascun bene o merce ha l’utilità che fa di esse un valore d’uso per gli uomini. Mentre il valore di scambio avviene in un fase successiva quando il capitalista si appropria della natura umanizzata prodotta dal lavoro per l’uso, scambiandolo con un’altra merce quale il denaro, che essendo il più alto prodotto dello sviluppo dello scambio e della produzione mercantile, il denaro nasconde e dissimula il carattere sociale dei lavori individuali, la condizione e il legame sociale fra i lavoratori (come classe).
“Il denaro presuppone un certo livello dello scambio di merci. Le forme particolari del denaro, puro e semplice equivalente della merce o mezzo di circolazione, o mezzo di pagamento, o tesoro, o moneta mondiale indicano di volta in volta, a secondo della diversa tensione e della relativa preponderanza dell’una o dell’altro funzione gradi diversissimi del processo sociale di produzione “ (Marx, Il Capitale , vol.1, cap. IV, Trasformazione del denaro in capitale. 3 Acquisto e vendita della forza lavoro).
Si è che tramite lo scambio a un certo grado di sviluppo della produzione mercantile, il denaro si trasforma in capitale. Perché la formula della circolazione delle merci M(merce) – D(denaro)-M(merce), ossia vendita di una merce per l’acquisto di un’altra, la formula generale del capitale è: D-M-D, ossia con la merce denaro si compera un’altre merce che ha valore d’uso per poi venderla con profitto. Questo accrescimento del primitivo valore del denaro messo in circolazione è quello che Marx chiama plusvalore: un fatto che è noto a tutti, dove precisamente questo tale “aumento” trasforma il denaro in capitale, che si realizza grazie ad un particolare rapporto sociale di produzione storicamente determinato, e che altrettanto storicamente può essere superato nella misura in cui mutando i rapporti di produzione, cioè i rapporti di proprietà esistenti il cambiamento delle condizioni economiche il rapporto dialettica tra l’uomo e la natura si ferma alla trasformazione della natura solo al fine e al valore d’uso, che è anche forma e condizione decisiva per porre sotto controllo e limitare lo sfruttamento illimitato della natura, connaturato alle esigenze e alla brama di profitto della produzione capitalistica .
Un rapporto dialettico uomo-natura per una produzione per l’uso e l’errore e il fallimento del New Deal e del keynesismo
Quel che importa notare e tutto si svolge o avviene continua e reciproca dialettica che a partire da un rapporto dialettico dell’uomo con la natura attraverso il lavoro di trasformazione della natura in natura umanizzata per l’uso – che continua a svilupparsi sempre e nelle forme più svariate di dialettica reciproca tra gli uomini, e da questi con la natura e le cose, che dialetticamente da vita al processo che noi chiamiamo processo storico, di cui l’uomo e il lavoro sono il centro di tutto – che può benissimo diventare ed essere il fine ultimo, nella misura in cui, superando gli attuali rapporti di produzione e di proprietà, ci si fermasse alla produzione per l’uso anziché sostituirla e finalizzarla alla produzione per il profitto, che è ciò in cui è mancato ed è fallito il New Deal keynesiano di Roosevelt, perché il punto importante di quel programma e in generale del programma del keynesismo era il fine a cui era destinato il denaro che il governo si faceva prestare che in ultima analisi andava alla produzione e a chi produceva per il profitto, e vide la spesa pubblica come un programma d’emergenza. Un errore, perché era necessario varare immediatamente un PROGRAMMA PERMANETE DI SPESA PUBBLICA su scala gigantesca (quello che dovrebbe fare anche oggi in Italia cogliendo l’occasione dei finanziamenti a debito e a credito che si ricevono):una pianificazione o programmazione democratica dell’economia che utilizzasse in pieno le RISORSE UMANE E MATERIALI DELLA NAZIONE e procedesse, fino all’ultimo passo, ad ABOLIRE IL SISTEMA DI PRODUZIONE PER IL PROFITTO.
Per questo il New Deal non fu una rivoluzione dell’economia politica, ma solo un intervento per sostenere col denaro pubblico il sistema di produzione per il profitto del capitalismo in grave crisi, intervento che ebbe successo solo con lo scoppio della seconda guerra mondiale e poi, volutamente, con la continuazione della guerra fredda, con le gigantesche commesse e investimenti a vantaggio del kombinat militare-industriale: volendo, similmente, si può fare il paragone con l’oggi, in cui prevale la visione di un programma solo per l’emergenza intesa come pandemica e non sindemica e con i giganteschi investimenti fatti a favore delle industrie farmaceutiche. Quando servirebbe un programma permanente di spesa pubblica mirante a sostenere e formare un sistema di produzione per l’uso, fino ad arrivare processualmente e dialetticamente ad abolire il sistema di produzione per il profitto. E quello sistema di produzione per l’uso di cui la Cina ha avuto l’occasione storica di poterlo realizzare, prima di scegliere invece di reintrodurre il capitalismo e la produzione per il profitto.
Dal momento che sulla dialettica uomo natura tramite il lavoro è il centro del tutto, anche la tecnologia è essa stessa un epifenomeno che svela il comportamento attivo dell’uomo verso la natura e che – stante che questa è il corpo inorganico dell’uomo – svela anche il comportamento dell’uomo verso se stesso e verso gli altri uomini e l’immediato processo di produzione della sua vita.
La dialettica dall’idealismo al materialismo
Va riconosciuto che uno dei grandi meriti di MARX ed ENGELS è stato propriamente di aver salvato questa parte rivoluzionaria della filosofia di Hegel: “Marx ed io siamo stati presso a poco i soli a salvare dalla filosofia idealistica tedesca” (dalla rovina dell’idealismo, quello hegeliano compreso) “la dialettica cosciente e a trasferirla nella concezione materialistica della natura e della storia” (Engel, Antiduhring), donde il materialismo storico che scaturisce dal rapporto dialettico dell’uomo con la natura mediante il lavoro e la produzione della natura umanizzata, per dirla velocemente dalla dialettica materialistica del rapporto dell’uomo con la natura si origina il metodo di analisi del materialismo storico e una filosofia della storia completamente nuova, in cui la storia è concepita come sviluppo del genere umano condizionato dall’essenza del lavoro, dal grado di sviluppo dei rapporti di produzione che cambia anche le forme di proprietà e di relazioni umane, , e non più come un agglomerato di fatti avvenuti per caso, di gesta compiute da singoli uomini famosi
Ed è proprio di fronte alla dialettica nella concezione di Marx ma anche di Hegel che si infrangono e decadono le obbiezioni rivolte a Marx dagli ideologi borghesi e che si dimostra la caducità delle loro concezioni piuttosto che del marxismo e della suo materialismo storico e dialettico. Perché l’idea processuale e di sviluppo come l’hanno formulata Marx ed Engels sulla base di quello di Hegel considerando ogni oggetto storicamente, studiando e generalizzando l’origine e lo sviluppo della conoscenza, in una dialettica dal basso verso l’alto, e in una idea di sviluppo che oltre ad essere entrata quasi integralmente nella coscienza sociale, è molto più completa e ricca di contenuti rispetto all’idea corrente di sviluppo. E’ l’idea di un sviluppo non rettilineo ma a tornati tipo quelli di una spirale, che anche quando sembra tornare indietro e da la sensazione di ripercorrere le fasi precedenti, in realtà le ripercorre in modo diverso, a un livello più elevato; uno sviluppo a salti, talvolta catastrofico, e o rivoluzionario, – e la Rivoluzione ha dimostrato che nessuna istituzione umana è immutabile – che dialetticamente genera un movimento universale e impulsi generati dalle contraddizioni, specie le contraddizioni dei rapporti di produzione esistenti, di cui i rapporti di proprietà sono solo la forma giuridica sovrastrutturale, anche se occorre distinguere lo sconvolgimento materiali delle condizioni economiche della produzione e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche e filosofiche che sono le forme ideologiche e sovrastrutturali (donde che in Cina lo sconvolgimento delle forme di produzione avvento con l’introduzione dei rapporti di produzione e di proprietà capitalistiche, non hanno mutato ne le forme sovrastrutturali del potere e dello stato ne le forme ideologiche che restano quelle propagandate come ortodossia marxista, con un fraintendimento e la differenza sostanziale che il marxismo non è una ortodossia ma una ortoprassia … per cui l’ideologia non riesce, non può negare la prassi materiale dei rapporti di produzione del capitale, se non al massimo può solo mistificarla …
La dialettica che genera processo storico e un movimento continuo
La ricchezza dell’idea di sviluppo origina nelle contraddizioni e nei rapporti dialettici storicamente determinati tra uomo e natura e tra gli uomini e le varie tendenze contraddittorie interne alla società, in uno scontro e confronto dialettico tra diversità ed opposte forze reali e materiali oltre che spirituali, in una interdipendenza e interdisciplinarietà di cui la dialettica coglie e lega tutti i lati di ogni fenomeno, in una storia che mette sempre in luce cose e dati nuovi, e genera un processo di movimento continuo e ininterrotto del divenire che è proprio la caratteristiche della dialettica, che rompe il gradualismo e il determinismo economicistico delle più varie specie, che seppur a questo sembra rifarsi anche l’attuale Cina, Marx le considerava idee e forme “reazionarie”.
Diversamente dal vecchio materialismo che non era ne storico ne dialettico, in quanto era metafisico cioè antidialettico, per Marx il materialismo è dialettico e la dialettica “è la scienza delle leggi generali del movimento, cosi del mondo esterno come del pensiero umano” (F. Engels, “Ludwing Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca”).
La dialettica tra la vita e la coscienza e la materialità del pensiero
E’ interessante notare che un borghese, ma rivoluzionari in arte, come Balzac ha scoperto, come Marx, e in forma che Marx stesso giudicherà esemplare, la natura ideologica del pensiero.
“La virtù comincia con il benessere”, dice nelle Illusioni perdute con Vautrin che parla del “lusso dell’onestà”, Balzac che però aveva già indicato, nel 1832, come procede il formarsi dell’ideologia: “Le rivoluzioni si compiono – egli afferma – prima nelle cose e negli interessi, poi si estendono alle idee e infine si trasformano in principi”, cogliendo il nesso che lega il pensiero all’esistenza materiale e la dialettica di vita e coscienza , che egli scopri già in Louis Lambert dove l’eroe, come egli osserva, dopo lo spiritualismo della giovinezza, vede sempre più chiara la materialità del pensiero. Evidentemente non fu per caso se Balzac e Hegel riconobbero quasi ad un tempo la struttura dialettica e materiale dei contenuti della coscienza.
L’economia capitalistica e la moderna borghesia erano talmente piene di contraddizioni che mettevano in luce il duplice condizionamento dello sviluppo storico più chiaramente delle civiltà precedenti. Le basi materiali della società borghese non solo già di per sé erano e sono più trasparenti di quelle del feudalesimo, ma la nuova classe dominante era assai meno preoccupata di travestire ideologicamente le premesse economiche del suo potere. Ma questo finché la sua ideologia era ancora troppo recente perché se ne potesse farne dimenticare l’origine. Diversamente da oggi quando specialmente con un Draghi, si traveste da politica la bruta materialità del potere economico/finanziario e si presentano le discriminati scelte di ECONOMIA POLITICA a favore dei poteri “forti“ – in totale assenza di una critica dell’economia politica – come inappellabili, in quanto travestite da bene comune, da utilità sociale e indiscutibilmente finalizzate a realizzare l’interesse pubblico, la sicurezza, la libertà e la dignità di tutti.
Sicché, secondo la propaganda governativista, sarebbe una ECONOMIA POLITICA unica e non partigiana, le cui scelte sarebbero oculatamente motivate, esclusivamente necessitate e oggettivate dal bisogno sanitario e di salvaguardia della salute, sostanzialmente decisa a “maggioranza”(sic) dalla comunità scientifica (sic ) e dalla indiscutibile valenza della scienza medica; mentre è all’opposto protesa a rafforzare e arricchire sia i poteri forte della capitalizzazione sanitaria sia ad incrementare – come nel caso delle detrazioni – quella dei ceti medio alti a danno di quelli più bassi, instaurando una governabilità coerente con l’ordo-liberismo e l’ordo-macchinismo tramite l’uso dei vertici di governo e di stato, il rafforzamento dell’esecutivo e un nuovo accentramento dello stato e un centralismo deconcentrato nei vertici di Regioni/repubblichine . Nonché politiche di bilancio e di cosiddetto PNRR, che col varo delle “riforme” chieste dalla UE (ma andando oltre queste), tra nuovi assalti al patrimonio pubblico a favore del mercato privato, specie a livello locale-comunale e un uso strumentale dei finanziamenti per ristrutturazioni industriali a danno delle medio basse e artigiane imprese, mira ad omologare il sistema economico italiano – tramite i diktat della burocrazia UE – non solo agli interessi oligopolistici dei big della farmaceutica e in generale al turbo liberismo ed ordo-liberalismo del capitalismo burocratico/finanziario europeo a direzione angloamericana, ma anche a mantenere inalterati ed anzi accentuata l’ingiustizia e la ineguaglianza economica, politica e sociale come è proprio della materialità brutale del cosiddetto e vantato “stato di diritto“ capitalistico e borghese/liberale.
Angelo Ruggeri


26 Feb 2022
Posted by Iskra
