di Marco Pondrelli
Le notizie che arrivano dal fronte ucraino hanno raggelato i nostrani sostenitori della guerra. Nei prossimi giorni capiremo meglio quali sono le basi su cui verrà costruito il negoziato, che difficilmente sarà breve. Come sostenuto domenica scorsa fra le posizioni di partenza di Russia e Stati Uniti permangono delle differenze ma il dialogo è sempre positivo. Le alte (e meno alte) figure europee si stanno lamentando del mancato coinvolgimento dell’Ue, tante sono le considerazioni che potrebbero essere fatte su chi ha sostenuto, contro i propri interessi, questa guerra e ora si trova a dovere pagare un conto molto salato, noi ci limitiamo a parafrasare Stalin e a chiedere a questi figuri ‘quanti divisioni ha l’Europa?’.
In attesa di capire come evolverà il quadro internazionale, rispetto al quale non dobbiamo dimenticare la tragedia palestinese, è opportuno lanciare uno sguardo sulla situazione interna. Le notizie sull’andamento economico italiano sono pessime, Luca Orlando ha scritto su ‘il sole 24 ore’ del 14 febbraio che nonostante ‘per armi e munizioni non [ci sia] alcuna crisi’ la produzione industriale è calata del 7,1% su base annua. Il settore maggiormente in sofferenza è quello della meccanica, sempre sul sole si leggeva di una ‘produzione nazionale di vetture quasi dimezzata (dalle 542mila del 2023 alle 310mila dello scorso anno), un livello che l’ultima volta in Italia si era visto nel 1957’.
La crisi italiana è la risultante di scelte strategiche compiute in passato, che hanno portato allo smantellamento di ampie fasce manifatturiere del nostro Paese, ma essa è anche figlia degli ultimi accadimenti in particolare quelle legate al conflitto ucraino. Le Germania è tecnicamente in recessione, domenica il voto tedesco è destinato a terremotare l’equilibrio politico di quel Paese ma chi pensa di rispondere alla fine delle forniture energetiche russe con l’espulsione dei migranti non ha capito di cosa si stia parlando. La crisi economica tedesca sta arrivando in Italia, a breve il nostro Paese rischia di ritrovarsi in recessione, con buona pace di Giorgia Meloni.
Recessione vuole dire licenziamenti, disoccupazione e ulteriore aumento della povertà, mentre sanità, scuola, trasporti sono al collasso dovremo aumentare le spese per la difesa al 2%, per arrivare a breve al 3,5%. Purtroppo quello che dobbiamo ancora una volta rimarcare è la mancanza di una vera opposizione. Il recente Congresso di Rifondazione, segnato da una profonda spaccatura, ha scelto il dialogo con il campo largo. Si ride per non piangere se siamo ancora a discutere di un’alleanza con un Partito che critica Trump perché vuole porre fine alla guerra. Quando Bertinotti fu artefice della sciagurata scelta di entrare nell’Unione gli venne fatto presente che le guerre in cui il nostro Paese era coinvolto avrebbero rappresentato un problema e il sostegno che il Partito avrebbe dovuto dare alla missione in Afghanistan sarebbe stato percepito come un tradimento dai nostri elettori.
Rifondazione perse quella sfida e la perse con un Partito che elettoralmente era oltre il 6%, aveva più di 100 mila iscritti e una capacità conflittuale che oggi non si vede. Tutti i partiti del campo largo Pd, AVS e M5S per non parlare di +Europa si collocano nel campo atlantista, non è da qui che può partire un’alternativa. Oggi c’è bisogno di una forte battaglia sociale che parta dal mondo del lavoro dipendente, una battaglia che rimetta al centro una nuova politica redistributiva che si batta per l’aumento dei salari, la riduzione dell’orario di lavoro e l’aumento dei servizi (mentre a Bologna la giunta più progressista d’Italia aumenta i biglietti dell’autobus da 1,50 a 2,30 euro).
La lotta di classe deve sposarsi alla lotta contro l’imperialismo statunitense, per un nuovo mondo multipolare. Questa è la strada che devono intraprendere i comunisti e la sinistra il resto sono politicismi buoni per guadagnare qualche poltrona in Parlamento. Le forze per lanciare questo percorso ci sono, sappiamo di essere deboli ma l’obiettivo è costruire una forza, anche se numericamente limitata, radicata nel conflitto. Non esistono scorciatoie!
16 Febbraio 2025