di Francesco Dall’Aglio
Questa notte sono stati colpiti altri due depositi di munizioni russe, a Tihorestk, nella regione di Krasnodar, e a Oktjabrskoye, a poca distanza da quello di Toropets colpito l’altro ieri.
Questa volta lo stato maggiore ucraino, a differenza di quanto fatto dopo l’attacco a Toropets, ha diramato quasi subito comunicati nei quali non solo ha annunciato gli attacchi ma anche il materiale colpito, ovvero ‟migliaia di tonnellate di munizioni” incluso un treno con 2000 tonnellate di munizioni tra cui anche quelle nordcoreane, cosa che pare debba essere sempre ribadita.
L’attacco a Tihoretsk, qualsiasi sia l’entità dei danni, ha molto probabilmente un impatto diretto sui rifornimenti di parte dei settori del fronte, mentre il fatto che sia stato colpito anche il deposito di Oktjabrskoye, a 16 chilometri a sud di Toropets, lascia intendere che in quell’area è stata identificata una seria vulnerabilità delle difese russe a questo tipo di attacchi che è stata messa a frutto.
Per i prossimi giorni, ovvero quelli che precedono l’incontro di Zelensky con Biden il 26 settembre, è molto probabile che la strategia ucraina resterà questa: azioni efficaci dal punto di vista militare, che ostacolano e rallentano la logistica russa, anche se non necessariamente per quanto riguarda i rifornimenti che vanno al fronte, ma soprattutto spettacolari dal punto di vista mediatico e immediatamente riportate con dovizia di particolari, e parecchia esagerazione, da tutti gli organi di informazione occidentali.
Il motivo è, ovviamente, non tanto la famosa autorizzazione a colpire in Russia che continua a sembrare non molto probabile (e infatti secondo Politico gli USA sarebbero orientati a fornire all’Ucraina un tipo di missile per gli F-16 mai inviato finora, il Joint Standoff Weapon che però ha una portata di un centinaio di chilometri, molto meno delle richieste ucraine) ma, come sostiene anche Bloomberg, ‟spingere” perché gli USA ‟invitino” l’Ucraina nella NATO e, soprattutto, aumentino e velocizzino le consegne di armi.
Perché il problema resta questo: l’Ucraina ha dimostrato di poter colpire anche da sola a lungo raggio (soprattutto col sostegno dell’intelligence NATO sul Baltico e sul Mar Nero) ma non ha munizioni per contrastare efficacemente l’avanzata russa nel Donbas e, al di là di qualche matto su Twitter che ipotizza che negli ultimi attacchi la Russia abbia perso il 12% delle sue riserve totali di munizioni, è chiaro che è ben poco probabile che l’Ucraina possa vincere la guerra solo mandando droni sul territorio russo (anche perché non è che la Russia, intanto, non colpisca in Ucraina, al di là delle avanzate sul campo).
Per cui è ipotizzabile, nei giorni che ci separano dal 26, non solo che i lanci di droni si intensificheranno ma che saranno accompagnati da azioni mediaticamente anche più impressionanti.
Quali lo vedremo e vedremo anche se avranno effetti, e quali, sulle decisioni statunitensi.
21 settembre 2024