Una storia che ha dell’incredibile, e da non credere, se non fosse andata sui quotidiani (che riproduciamo sotto) e cioè: la CGIL lombarda ha fatto mobbing ad una funzionaria della sua stessa organizzazione e l’abbia, addirittura, licenziata. A gravare la questione del licenziamento dell’organizzazione sindacale lombarda sia il fatto che la funzionaria viva sola e con un figlio minorenne a carico.
Siamo andati a zonzo in internet per capire chi fosse questa funzionaria che ha subito un trattamento così pesante e scopriamo essere, nientemeno, Docente Diritti e Doveri dei Lavoratori – Cinema, Comunicazione – Blogger, Opinionista e Conduttrice TV, Sindacalista, ed aver, ad es., intervistato l’attrice Chiara Francini, di essere stata, il 25 novembre 2017, in occasione della ‘Giornata internazionale contro la violenza sulle donne’ tra le protagoniste della trasmissione radio-tv web ‘Mimose spezzate‘, e che si prodigasse a sostenere la tesi “Cerco di portare il mio impegno a favore dei più deboli e delle donne. Come autrice di format tv e conduttrice, sono impegnata ogni sabato mattina, nelle trasmissione radio e tv web: ‘Mimose spezzate‘… E, molto altro ancora.
Riteniamo che per tale fatto non sia la sigla sindacale, nel suo complesso, da riprendere ma solo alcune figure che inficiano il faticoso lavoro di tanti onestissimi delegati e funzionari che si fanno in quattro per aumentare la solidarietà tra lavoratori. Su quest’altro genere di “sindacalisti“, infatti, avevamo scritto in un lontano post che
…tanto sono diventati forti e spregiudicati questi dirigenti che possono permettersi il lusso di evitare di andare sotto “processo” dai probiviri perché questi sono diventati la prosecuzione della loro politica di compromessi e di ricatti (“tu mi tuteli ed io t’assicuro, la tua posizione non verrà toccata, anzi…”), un meccanismo che è stato mutuato dalla peggiore “italietta”.
Hanno saputo seminare tanto bene questo malaffare che hanno portato all’interno del sindacato la cultura della mors tua vita mea che ha sortito morti politiche e fratricide. Hanno insegnato ai lavoratori, invece dell’innalzamento morale dei valori, ad imbrogliare durante i congressi (abbassando la guardia di controllo anziché promuoverla), tanto che nell’ultimo, alcuni dirigenti nazionali, che erano su altre posizioni, furono costretti a redigere un memorandum per i propri relatori e simpatizzanti affinché scongiurassero i brogli, invitandoli, quindi, a controllare i seggi e dovettero, addirittura, arrivare a spedire una lettera minacciosa agli organi congressuali preposti dove dicevano che si sarebbero autosospesi se non si fosse posto rimedio a questa situazione e date garanzie di trasparenza…
Sintetizzato, anche, per altra occasione, in questo post
…Prima avvertenza di costoro fu quella di mantenere un quadro di funzionari di basso livello culturale e di sperimentata accondiscendenza verso le scelte dei “vertici” (in questo modo non correvano il rischio di avere persone intellettualmente libere che avrebbero potuto scompaginare questo rodato meccanismo), così come fu ben congegnata la “falsa opposizione” di alcuni dirigenti che ora siedono al fianco della socialista Susanna Camusso, per “imbalsamare” le speranze dei lavoratori che volevano un reale cambiamento. Fu, ad esempio, premiato, a metà anni ’90, dal “rivoluzionario” Nicolosi (vedi Dens dŏlens 24) tal Valeriano D’Ippolito che divenne segretario della FP CGIL di Milano. Questo segretario fu contestato, di lì a poco, da alcuni iscritti CGIL, tra i quali i 5 vigili che ora subiscono ripercussioni in seno alla stessa sigla, (vedi nel blog: IL MIO RICORSO CGIL). Valeriano D’Ippolito, in seguito, venne deferito ai probiviri e cacciato dalla CGIL, per aver firmato un accordo con l’amministrazione di Gabriele Albertini senza averne l’autorizzazione dal Comitato degli Iscritti, che è, statutariamente, il primo organismo deputato alle scelte nei posti di lavoro. Ricordiamo qui i 18 mesi di vertenza sindacale di quella categoria che ha saputo dare forte senso di compattezza, nonostante l’ostracismo di CGIL-CISL-UIL, e di provata serietà nelle proprie proposte alla città contro quelle liberticide della citata Giunta reazionaria...
Ora, c’è da chiedersi se questa lavoratrice sia stata, anch’essa, vittima di un pessimo servizio fatto da quel genere di figure che sono all’interno dell’organizzazione sindacale, che dovrebbero, invece, avere nel loro DNA valori come: Giustizia, Etica e Diritti. Mentre, invece…
Un siffatto atteggiamento (anti)sindacale, perpetrato nei confronti della funzionaria CGIL, Ketty Carraffa, non aiuta, tra l’altro (per caso?), ad aumentare il qualunquismo e referenzialità alla reazionaria destra?
Saremmo, altresì, curiosi di sapere cosa ne pensano le altre donne di quel sindacato per quell’atteggiamento così spregiudicato della propria sigla nei confronti della funzionaria e chissà se abbiano compreso appieno la parola d’ordine lanciata da Ketty Carraffa in un suo libro, “Le donne, acqua nel deserto”, quando sostiene che “…SOLO UNITE NOI DONNE POSSIAMO CAMBIARE IL MONDO COSI’ FORTEMENTE MASCHILE”.
MOWA
Toh, anche la Cgil fa mobbing
Quando l’Ikea licenziò una dipendente con un figlio invalido, colpevole di non avere accettato i turni che le avrebbero impedito di assistere il bambino, la Cgil fu in prima linea nelle proteste contro la prepotenza del colosso svedese.

L’Ikea cercò invano, sommersa dalle contumelie sui social network, di spiegare che il lavoro ha le sue regole, e che in qualche modo i dipendenti vi devono sottostare; altrimenti è un caos. Nemesi: a distanza di una manciata di mesi, è la Cgil a licenziare in tronco una sua dipendente, madre single di cinquant’anni con un figlio a carico, con ricollocazione sul mercato del lavoro ardua se non impossibile. Motivazione ufficiale: «superazione del periodo di comporto», ovvero del periodo massimo di malattia consentita. Peccato che secondo la funzionaria licenziata l’esaurimento nervoso in cui era precipitata fosse figlio del mobbing cui era sottoposta, il demansionamento («mi avevano spedita a fare le fotocopie») messo in atto nei suoi confronti dai vertici della Camera del Lavoro di Milano.
Sono dinamiche cui qualunque capo del personale è avvezzo: la sintonia tra azienda e lavoratore che si spezza, il rapporto di fiducia che viene meno, e alla fine la convivenza diventa impossibile. Spesso il lavoratore vittima di mobbing – vero o presunto – indica il movente dell’azienda nella propria libertà di pensiero, nel suo rifiuto di subire imposizioni. Più o meno lo stesso accade in questo caso: Ketty Carraffa, funzionario della Cgil di Milano, ieri racconta su Facebook che i suoi guai sono figli della «troppa visibilità», perché oltre a dirigere l’ufficio «Diritti delle donne» della Camera del Lavoro andava in televisione, esternava, scriveva libri. Da funzionaria, dice, per questo mi hanno retrocessa a impiegata: «Dopo tutte le battaglie e il mio background professionale e politico, era inaccettabile. A favore di chi, poi? Figli diciottenni di dirigenti… che vadano loro a far fotocopie e non donne come me!!!».
Un anno fa, la bionda Ketty manda il primo certificato medico. Ieri, le arriva la lettera di licenziamento, con buona pace dei suoi cinquant’anni e del bambino a carico. Come in un’azienda qualunque: o forse peggio.