Giuseppe Cirillo
L’ex pm Antonio Ingroia ricorda a Visione TV gli ultimi istanti del giudice assassinato in via d’Amelio
Inizia dalle ultime parole che il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo ha condiviso con Paolo Borsellino la ricostruzione storica dell’avvocato Antonio Ingroia, che, durante un’interessante intervista con Visione TV, ha ripercorso gli ultimi, drammatici giorni del giudice ucciso in via d’Amelio, a Palermo, il 19 luglio 1992. “Dottore, lei si deve guardare le spalle. Ci sono molti uomini dello Stato che sono collusi con la mafia”. E fece in particolare due nomi – ha ricordato Ingroia citando Mutolo – quello di Bruno Contrada, alto funzionario della polizia e dei servizi segreti, e quello di Mimmo Signorino, un magistrato che, schiacciato dal peso delle prove contro di lui, deciderà di togliersi la vita prima di un probabile arresto da parte della procura di Caltanissetta.
Nell’esatto momento in cui Borsellino ascolta le parole di Mutolo, il giudice “riceve una telefonata”, probabilmente “dal capo della polizia Vincenzo Parisi”, il quale gli comunica che il nuovo ministro dell’Interno, Nicola Mancino, desidera incontrarlo. “Borsellino si reca immediatamente presso il ministero dell’Interno e viene accompagnato all’interno di una sala, in attesa di poter incontrare il ministro. All’interno di questa stanza – ha sottolineato Ingroia – Borsellino non trova il ministro, ma Bruno Contrada, il quale gli dice: ‘Dottore, sono a conoscenza del fatto che lei sta interrogando Gaspare Mutolo. Me lo saluti tanto, perché lui sa quanto ho indagato su di lui’”. Forse – ha aggiunto Ingroia – l’incontro con il ministro dell’Interno Mancino non sarebbe nemmeno avvenuto. La telefonata con Parisi potrebbe essere stata, in realtà, una sorta di “trappola” per farlo incontrare con Contrada, forse sapendo che Mutolo gli avrebbe parlato proprio di lui. Si tratta di un incontro che – come hanno confermato sia Mutolo che i poliziotti presenti all’interrogatorio – ha letteralmente sconvolto Paolo Borsellino, al punto che il giudice accese contemporaneamente due sigarette senza nemmeno accorgersene. Del resto, quell’incontro significava molte cose, tutte preoccupanti. Borsellino aveva perfettamente chiaro di essere controllato. Un’altra circostanza inquietante è che l’interrogatorio di Mutolo era considerato “super segreto” e nessuno era autorizzato a saperne nulla, tantomeno Contrada. “Quando i colleghi raccontano di quell’incontro tra Borsellino e Contrada – ha aggiunto Ingroia – sentiamo che può avere avuto sicuramente un ruolo”. Le dichiarazioni di Mutolo, infatti, “avrebbero potuto aprire scenari che potrebbero essere stati anche la causa dell’accelerazione della strage” di via D’Amelio.
Dell’incontro tra Borsellino e Contrada, Ingroia – all’epoca giovane magistrato della procura di Marsala e considerato una sorta di allievo del giudice – parla con l’allora procuratore capo di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, dopo essere stato convocato telefonicamente. Si tratta dello stesso Tinebra – da tempo deceduto – la cui abitazione è stata recentemente perquisita dalla procura di Caltanissetta, nel tentativo di far luce sulla strage di via d’Amelio e sulla scomparsa della famosa agenda rossa, nella quale Borsellino annotava le informazioni più importanti delle sue indagini. La circostanza quantomeno anomala è che le dichiarazioni rese da Ingroia a Tinebra “non sono mai state verbalizzate”, mentre, “l’altra cosa sconvolgente scoperta negli ultimi tempi” è che la sera stessa, “dopo aver ascoltato me, il 20 luglio 1992, Tinebra decide di affidare proprio a Bruno Contrada, dei servizi segreti, il ruolo di coordinamento delle indagini sulle stragi”. Un ruolo “del tutto anomalo – come sottolinea Ingroia – perché i servizi segreti non possono svolgere ruoli d’indagine attiva sui fatti. Possono svolgere, invece, attività di prevenzione o di informazione alla polizia giudiziaria”.
E agginge: “Guarda caso, sia Contrada che Tinebra, insieme ad Arnaldo La Barbera, in qualche modo hanno avuto tutti un ruolo nel depistaggio sulla strage di via D’Amelio, con il falso pentito Vincenzo Scarantino”. A questo va aggiunto che dalle recenti perquisizioni nei luoghi appartenuti a Tinebra, è stato rinvenuto un appunto datato 20 luglio 1992 – il giorno dopo la strage – che sarebbe stato firmato proprio da La Barbera, dirigente della Squadra Mobile di Palermo. All’interno del quale si attesta la consegna a Tinebra di una borsa e di un’agenda appartenenti al giudice. Una circostanza che resta comunque da verificare, poiché il documento non è accompagnato da alcuna ricevuta firmata da Tinebra, e le indagini – per il momento – non hanno potuto stabilire se la consegna sia effettivamente avvenuta né se l’agenda fosse quella rossa.
04 Luglio 2025