di MOWA
«Disavventure, eventi imprevisti, situazioni aperte, svelano la bravura di un generale, mentre il successo nasconde la sua debolezza, i suoi punti deboli.»
(Orazio)
Diventa molto complicato parlare di come sia andata degenerando l’ossatura delle istituzioni sulla sicurezza pubblica a causa di diversi personaggi che l’hanno depredata della sua nobile missione originaria.
Complicato parlare del Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza (Legge 1 Aprile 1981, n. 121), perché dovremmo disquisire di una riforma molto osteggiata da diverse forze politiche reazionarie e, spesso, persino dall’interno dell’istituzione stessa.
Una riforma avanzata che dovrebbe dare dignità a molti tutori dell’ordine, ma che trova resistenza, da parte di chi è arroccato su un modello precedente e superato e che spinge “sottobanco” per ritornare alla spersonalizzazione di una ossatura importantissima per lo Stato e in grado di aiutare altri organi a debellare forme criminali di diversa forma e natura.
Una riforma, la legge n. 121 del 1° aprile 1981 che, dice giustamente qualcuno, sia capace di assumere il compito di trasformare la Polizia di Stato, in “corpo civile militarmente organizzato” per la tutela dello Stato e dei cittadini, difendendoli da eventuali reati e turbative dell’ordine pubblico, e, quindi, non una formazione privata o privatistica di un ganglio importante dello Stato per la conservazione dello stesso ma, dentro i valori costituzionali.
Qui il passaggio, purtroppo, si fa difficile perché le esperienze di ingerenza dall’esterno verso questo Corpo sono state tantissime e non sono mai cessate.
In primo luogo il non essere stati in grado (a sufficienza), dal dopoguerra in poi, di vincolare le assunzioni a persone capaci di rimanere nei paradigmi della Costituzione; e, infatti, sovente, nelle cronache dei quotidiani si legge di abusi perpetrati da parte delle Forze dell’Ordine che non hanno mantenuto comportamenti adeguati o, addirittura, ne hanno avuti di illegittimi come nel G8 di Genova del 2001. In quel caso, vi sono stati funzionari, ma anche dirigenti, che hanno impartito ordini non nel rispetto dei dettati di legge e della Costituzione tanto da essere perseguiti e condannati dalla Magistratura.
In seconda battuta bisognerebbe dire che spesso vi è una complicità interna che viene veicolata ad arte da talune figure che usano una terminologia che sembra di adesione lavorativa e che viene esplicitata con frasi di sussiego rispetto alla legge: “siamo tutti colleghi e non ci dobbiamo danneggiare tra noi”, oppure, “gli altri (alludendo agli esterni al Corpo) non capiscono cosa vuol dire questo lavoro” e altre frasi dello stesso tenore che vorrebbero allontanare il contesto interno da quello fuori dalla struttura. Un esplicito invito a non condividere la realtà interna con quella esterna e, involontariamente, a far entrare uno schema comportamentale dove le leggi interne sono diverse da quelle generali perché gli “altri non capiscono” tanto da spingere a sentirsi l’“incarnazione della legge” e non, invece, gli esecutori che devono, eticamente, rispettarla e farla rispettare.
Esistono, poi, le varie realtà occulte che sulle istituzioni di quel tipo hanno puntato molto con l’intento di destabilizzare l’assetto democratico, come avvenuto nel caso della loggia massonica P2 che aveva (ha?) personale di rilievo tra i gradini alti del comando delle Forze dell’Ordine, che ha avuto tutto il tempo necessario per creare scenari e opportunità tentando di far scadere ruolo e funzioni del “corpo civile militarmente organizzato” a proprio vantaggio.
Non sono pochi, infatti, gli esempi, finiti sulla cronaca, di chi ha torturato e in qualche caso ucciso gli arrestati sotto la propria custodia, fatto intercettazioni fuori controllo dal codice di procedura penale (come sta emergendo, anche, in questi giorni), dato ordini di comando eccessivi nelle piazze contro lavoratori o cittadini in genere, tutori dell’ordine che passano notizie riservate alla criminalità organizzata e, in alcuni casi, anche con lo scopo, di far carriera interna come avvenuto nella Trattativa Stato-mafia, oppure, avere degli agenti/pusher nelle fila della Polizia che spezzano il cuore a chi non avrebbe mai immaginato di vedere uno scenario così compromesso… e che lascia nel limbo la gestione certa delle leggi. Leggi che dovrebbero essere scolpite prima che sul marmo nei cuori di chi crede nei valori della Costituzione e di chi vi ha giurato fedeltà.
Ecco, allora, la necessità di ridare il giusto lustro alle Forze dell’Ordine che devono essere lontane dalla retorica di circostanza e da infingarde figure che fingono di averne a cuore i destini ma che spingono, invece, ad una cieca obbedienza e ad un ordine avulso da quelle che sono le problematiche del Paese che includono sia il cittadino comune che gli stessi agenti che devono saper abbracciare culturalmente le problematiche e non sentirle lontane.
Foto: poliziotto a Milano di Mikita Yo