Una inutile contrapposizione tra poveri che desiderano un paese più equilibrato, onesto e democratico.
Infatti, nella vicenda riportata qui sotto ci sono tutta una serie di contraddizioni da ambo le parti in quanto dovrebbe essere normale avere spazi di condivisione con i propri simili per esprimere sia socialità che la possibilità di dare sfogo alla creatività ma che, però, confligge con un sistema ed una legislazione in cui vigono altre regole, dove gli individui si devono confrontare sulla competizione e sul profitto… Dove, sicuramente, le attività professionali limitrofe (pubbliche e private) saranno state favorevoli allo sgombero perché non riescono ad avere un meritato guadagno per vivere addossando, ingiustamente, le responsabilità al centro sociale Labas. Professioni contigue al centro sociale che avranno visto una disparità di trattamento tra chi (come loro per stare nella legalità) deve fare iter burocratici interminabili per aprire un’attività che andranno, poi, a pagare le tasse, avere certificati di controllo sanitario per vendere, assicurare nelle varie forme preventive i clienti da ogni eventuale danno e così via…
Non sono, per questo, casuali le ripetute dis-occupazioni di spazi presi fuori da queste regole. Perché non siamo, purtroppo, in un paese socialista-comunista per avere tutt’altra metodologia complessiva di comportamento e di vita. Si precisava meglio in altro post dal titolo “Dens dŏlens 122 – Non profit o approfit?” la stridente contraddizione su profitto e no profit partendo dalla citazione dal Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e Friedric Engels in cui recita così:
“Una parte della borghesia desidera di portar rimedio agli inconvenienti sociali, per garantire l’esistenza della società borghese.
Rientrano in questa categoria economisti, filantropi, umanitari, miglioratori della situazione delle classi lavoratrici, organizzatori di beneficenze, protettori degli animali, fondatori di società di temperanza e tutta una variopinta genìa di oscuri riformatori” […] “I borghesi socialisti vogliono le condizioni di vita della società moderna senza le lotte e i pericoli che necessariamente ne derivano. Vogliono la società attuale sottrazion fatta degli elementi che la rivoluzionano e la dissolvono. Vogliono la borghesia senza proletariato… [il proletariato] dovrebbe rinunciare alle odiose idee che di essa s’è fatto.”
e, infatti, si sosteneva nel post che:
“le prime ed ultime due righe sono l’esatta descrizione della contraddizione borghese sul fenomeno dirompente del non profit in una società basata sullo stretto concetto capitalistico.“
Ma qui, non siamo, però, alla chiarezza di cosa servono alcuni ambiti istituzionali come quella della proprietà dell’immobile occupato dal centro sociale: la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) che non assolverebbe più alla sua funzione secolare nel gestire i soldi pubblici. La CDP, nata a Torino nel 1850, il cui scopo era, per più di un secolo e mezzo, quello di fare prestiti a medio termine agli enti locali per costruire infrastrutture, oggi, invece, andrebbe controcorrente sui principi della propria gestione sociale non garantendo strategie di sviluppo cristallino.
CDP, una banca non banca che gestiva 230 miliardi di euro, nel solo 2012, investiti dai cittadini italiani (quindi nostri!) in buoni fruttiferi o libretti postali garantiti dallo Stato.
Un Paese poco attento a cosa succede intorno ed in cui si preferisce sgomberare un inoffensivo centro sociale, piuttosto che perseguire alcuni “trucchi contabili” di 10 miliardi di euro delle partecipate dello Stato alla CDP per ridurre il debito pubblico (procedura scorretta in uso anche in Germania e Francia) in cui lo Stato dimostra di prendere soldi con una mano e restituirli con l’altra in una partita di giro, molto, insolita per la trasparenza finanziaria.
Anche in questo caso, l’establishmant, preferisce sollevare polveroni su questioni minimali che su questioni che potrebbero cambiare, veramente, le cose… e, in meglio!
MOWA
Bologna, sgombero del centro sociale Làbas: scontri con gli attivisti
Di prima mattina la polizia in tenuta antisommossa è arrivata in via Orfeo, dove c’è l’ex caserma occupata da cinque anni. Negli anni all’interno è stato creato un dormitorio sociale, gli orti e il mercato bio. Gli attivisti: “Vigliacchi”. I residenti del quartiere: “Un lutto, perdiamo una realtà unica”. Sigilli anche al Crash
di ALESSANDRO CORI, ELEONORA CAPELLI e ILARIA VENTURI
BOLOGNA – La polizia invade via Orfeo, nel cuore di Bologna, in una mattina di agosto. E l’ex caserma Masini è sotto sgombero. Sono cominciate alle sette le operazioni per liberare l’immobile occupato cinque anni fa, nel novembre del 2012, dal collettivo Làbas. Una trentina di attivisti si è schierata davanti al cancello d’ingresso, tutti seduti per terra e con in mano caschi da cantiere. C’erano anche delle rotoballe a difesa dell’ingresso principale di via Orfeo.
Bologna, sgomberato il centro sociale Làbas
Gli agenti hanno prima provato a trascinare via gli attivisti, poi hanno usato i manganelli. Sono partite le cariche mentre si sprigionava del fumo all’interno, perchè nel cortile gli esponenti del collettivo avevano dato alle fiamme alcune balle di paglia. La zona è stata tutta bloccata, in via Castiglione i vigili della municipale non hanno fatto passare le auto per alcune ore, sono arrivati i vigili del fuoco. Alcuni residenti sono scesi in strada sgomenti per lo sgombero: “Ma che fastidio davano?”. Altri scuotono la testa: “E’ un lutto, il quartiere perde una realtà sociale unica”. “Hanno sgomberato Làbas dopo tre ore di resistenza e barricate incendiarie. Lo hanno fatto in pieno agosto, da vigliacchi quali sono e saranno per sempre”, la reazione degli attivisti via Facebook. “Violenza inaudita della polizia. Il Comune ora dovrà risponderne, chiederemo conto all’amministrazione Merola”. Lo stesso sindaco, Virginio Merola, a poche ore dallo sgombero aveva detto: “Azione autonoma della magistratura, ora auspico una soluzione alternativa”.
· “CORTEO IL 9 SETTEMBRE PER RIPRENDERCI LàBAS”
I tafferugli sono poi proseguiti nella vicina piazza del Baraccano. Gli attivisti sgomberati denunciano una decina di feriti, di cui due colpiti in maniera seria. Nel corso dello sgombero sei poliziotti sono rimasti feriti, fa sapere la Questura. “Sono stati trasportati presso l’ospedale di Sant’Orsola per farsi refertare”, è il bilancio diffuso dal sindacato autonomo di polizia. “Dopo gli scontri, si sono riuniti nel giardino della sede del quartiere, lì a fianco, e poi sono andati in piazza Maggiore dove è stato fatto un applauso. Davanti al palazzo comunale c’era la polizia in tenuta antisommossa. In tanti hanno gridato: “Giù le mani da Làbas”. “E’ possibile che dal basso si riscriva un altro tipo di città, più sostenibile, fatto di diritti e accessibilità ai servizi – dice Tommaso di Làbas – noi oggi qua siamo tanti”. Poi l’attacco all’amministrazione: “Dov’era il sindaco in questi mesi? Non è stata trovata una soluzione, vogliamo parlare con lui, per ora non c’è stato nessun atto concreto. Finora abbiamo visto solo sgomberi”. Gli attivisti lanciano il loro ultimatum: l’amministrazione comunale ha un mese di tempo per trovare una soluzione.
Sgombero centro sociale a Bologna: la protesta degli attivisti in Comune
“È stucchevole – proseguono – parlare di autonomia di magistratura, questura e prefettura: è il soggetto politico che deve risolvere i problemi. A oggi il Comune non ha un piano, non c’è nessun tavolo serio e prospettico, si deve assumere la responsabilità della regolarizzazione di Labas. Per noi è importante mantenere il valore sociale della caserma, la sfida rimane”. Gli attivisti annunciano per domani il mercatino biologico, che solitamente si teneva al mercoledì nel centro sociale, al Baraccano e il 30 agosto un’assemblea pubblica in preparazione di un corteo del 9 settembre per riprendersi Làbas e via Orfeo 46. “Il dato drammatico della giornata di oggi è che al momento ci sono 14 migranti e 20 persone senza una casa”, spiega Francesca. Si tratta delle persone che abitavano le case occupate accanto alla caserma. Ora “si ritrovano per strada, chiediamo ai cittadini e alle cittadine degne della città di accogliere queste persone temporaneamente”.
Intanto a Bologna, sempre in mattinata, è stato eseguito un secondo sgombero, che riguarda un altro centro sociale, il laboratorio Crash di via della Cooperazione, nella periferia. Nella struttura sono stati posti i sigilli, al momento dell’intervento non c’era nessuno. “Gravissimo: la procura ordina la questura esegue. Stanno sgomberando ora il lab Crash!”, la reazione del collettivo via Facebook.
· LA STORIA DI LàBAS
L’ex caserma Masini, di proprietà della Cassa depositi e prestiti, era già stata sgomberata alla fine del 2012 e poi subito rioccupata dai ragazzi del centro sociale legato al Tpo. Nel dicembre del 2015 il Pm Antonello Gustapane ha emesso un decreto di sequestro per l’immobile, dando il via libera allo sgombero. In questi anni l’edificio è diventato un punto di riferimento per molti residenti del quartiere e non solo. Al suo interno il collettivo Làbas aveva creato un dormitorio sociale autogestito, “Accoglienza Degna”, con 15 posti letto, realizzava tanti laboratori tra cui “Labimbi”, pensato per i più piccoli, la scuola di italiano per immigrati. Ed era stata aperta una pizzeria biologica. Ogni mercoledì poi si teneva il mercato biologico di “Campi Aperti”.
Làbas sgomberato a Bologna, attivisti trascinati a forza dalla polizia
Gli attivisti di Làbas hanno riqualificato gli spazi della caserma, abbandonata per tanti anni, con campagne di finanziamento popolari. Lo scorso anno in occasione di un convegno sull’edilizia sociale la proprietà dell’immobile si era detta disponibile a incontrare i ragazzi del collettivo per discutere del futuro della caserma. La giunta comunale, per bocca dell’assessore Riccardo Malagoli si era detta “piacevolmente stupita” dell’apertura di Cdp.