di Antonio Gramsci *
I popolari costituiscono un partito politico? (esiste il Partito popolare italiano?) Cosa vogliono i popolari? Quale programma d’azione concreta unitaria propongono essi alla volontà sociale delle masse italiane?
La costituzione del Partito popolare ha una grande importanza e un grande significato nella storia della nazione italiana. Con essa il processo di rinnovazione spirituale del popolo italiano, che rinnega e supera il cattolicismo, che evade dal dominio del mito religioso e si crea una cultura e fonda la sua azione storica su motivi umani, su forze reali immanenti e operanti nel seno stesso della società, assume una forma organica, si incarna diffusamente nelle grandi masse. La costituzione del Partito popolare equivale per importanza alla Riforma germanica, è l’esplosione inconscia irresistibile della Riforma italiana.
Il Partito popolare non è nato dal nulla, per un atto taumaturgico del dio degli eserciti.
Accanto alle istituzioni religiose del cattolicismo erano venute nascendo, da qualche decina di anni, numerosissime istituzioni di carattere meramente terreno, proponentisi fini meramente materiali. Esiste in Italia una fitta rete di scuole fiorentissime, di mutue, di cooperative, di piccole banche di credito agrario, di corporazioni di mestiere, gestite da cattolici, controllate, direttamente e indirettamente, dalla gerarchia ecclesiastica. Il cattolicismo, espulso violentemente dalle pubbliche cose, privato di ogni influsso diretto nella gestione dello Stato, si rifugiò nelle campagne, si incarnò negli interessi locali e nella piccola attività sociale di quella parte della massa popolare italiana che continuava a vivere, materialmente e spiritualmente, in pieno regime feudale. Si verificò per il cattolicismo un fenomeno per molti aspetti simile a quello verificatosi per gli ebrei: esclusi a ogni diritto di proprietà immobiliare, gli ebrei divennero i piú grandi detentori di valori mobili della cristianità e riuscirono a taglieggiare, con la immensa loro potenza finanziaria, gli Stati confessionali dai quali erano oppressi politicamente e spiritualmente; privati del loro potere pubblico dai liberali, i cattolici oggi, dopo essersi incarnati in una molteplicità di interessi economici locali, si organizzano in un sistema di forze sociali e taglieggiano lo Stato aconfessionale che li aveva oppressi spiritualmente e li aveva espulsi dalla storia della civiltà.
Il cattolicismo riappare alla luce della storia, ma quanto modificato, quanto «riformato».
Lo spirito si è fatto carne, e carne corruttibile come le forme umane, sottoposta alle stesse leggi storiche di sviluppo e di superamento che sono immanenti nelle istituzioni umane. Il cattolicismo, che si incarnava in una chiusa e rigidamente angusta gerarchia irraggiante
dall’alto, dominatrice assoluta e incontrollata delle folle fedeli, diventa la folla stessa, diventa emanazione delle folle, si incarna in una gerarchia che domanda il consenso delle folle, che può essere revocata e distrutta dal capriccio delle folle, incarna la sua sorte nella buona e nella cattiva riuscita dell’azione politica ed economica di uomini che promettono beni terreni, che vogliono guidare alla felicità terrena e non solo, e non piú alla città di Dio.
Il cattolicismo entra cosí in concorrenza, non già col liberalismo, non già con lo Stato laico; esso entra in concorrenza col socialismo, esso si pone sullo stesso terreno del socialismo, si rivolge alle masse come il socialismo, e sarà sconfitto, sarà definitivamente espulso dalla storia dal socialismo.
I popolari rappresentano una fase necessaria del processo di sviluppo del proletariato italiano verso il comunismo. Essi creano l’associazionismo, creano la solidarietà dove il socialismo non potrebbe farlo, perché mancano le condizioni obbiettive dell’economia capitalista: creano almeno l’aspirazione all’associazionismo e alla solidarietà. Dànno una prima forma al vago
* Non firmato, L’ordine Nuovo, 1° novembre 1919, rubrica «La settimana politica»