Secondo Mediobanca, sarebbe meglio per tutti se l’Italia facesse ricorso all’aiuto della Bce, ipotecando la politica fiscale del prossimo governo e spegnendo una volta per sempre la miccia dello spread. Un ragionamento sensato, ma politicamente troppo sensibile e alla fine controproducente. Non c’è dubbio infatti che analisi di per sé tecniche diventano immediati messaggi politici, vere e proprie intrusioni nel dibattito elettorale, nuovi segnali di sovranità perduta. Non è del tutto vero, però oggi conta ciò che appare.
Crescita, governabilità, riforme senza scassare i conti, è questa la formula preferita dai mercati. L’ufficio studi del Fondo monetario internazionale, montiano d.o.c., ben oltre altri pensatoi economici, spinge per portare avanti le liberalizzazioni che possono aumentare la crescita anche del 7% nei prossimi anni. Molto più efficace, sottolinea, rispetto alla riforma del mercato del lavoro che aggiunge un punto percentuale. La ricetta, dunque, è bell’e pronta, manca lo chef ai fornelli. Ecco perché, bon gré mal gré, i mercati, scommettono sull’usato sicuro.
Ma c’è chi gioca allo sfascio? Il passato anche recente ci dimostra che di sfascisti ce ne sono eccome. Non solo George Soros nel 1992, ma Goldman Sachs nel 2008 e nel 2011 Deutsche Bank che vendeva titoli italiani e giocava al ribasso con i derivati. Anche oggi tutti costoro sono in agguato. Per il momento aspettano, poi lunedì pomeriggio, se Beppe Grillo sarà davvero il secondo partito, c’è da scommettere che si metteranno di nuovo a ballare. E Federico Ghizzoni capo di Unicredit avverte: anche così com’è lo spread sarà alla lunga insostenibile. Meditate gente, meditate.
giovedì 21 febbraio 2013